L’evoluzione della famiglia tradizionale
Partiamo da un dato. Cinquant’anni fa l’88% dei minorenni viveva in una famiglia composta da due genitori: un maschio e una femmina. Oggi solo il 68% dei ragazzi si trova nella stessa situazione. Che cosa è successo alla famiglia tradizionale? Sarebbe meglio chiedersi che cosa è successo alla società, o meglio che cosa sta cambiando in noi.
Ormai nessuno si stupisce più a considerare famiglia, anche solo una coppia che magari ha scelto volutamente di non avere figli. È vero, qualche resistenza si trova ancora se, invece che un lui e una lei, i membri sono dello stesso sesso. Ma sono resistenze esterne. Interiormente chi vive o vuol vivere certi legami sa che l’amore, i sentimenti, non sono regolati dall’anagrafe, ma dal cuore.
E tu che famiglia vuoi? O meglio nella famiglia tradizionale in cui vivi come ti trovi? Ti senti accolto o giudicato? Ci stai perché devi? O perché è il posto migliore non solo per conservare ricordi e vestiti, ma anche per far crescere il tuo io autentico?
La possibilità di costruirti la famiglia che vuoi tu
Stare bene con se stessi. È questo uno dei maggiori obbiettivi del coaching, e dovrebbe essere l’unico faro quando la nostra vita diventa più buia. Come si può tenere accesa questa luce se proprio in famiglia, dove dovremmo essere più facilmente noi stessi, ci sentiamo giudicati se non addirittura rifiutati? Da questo dire NO al giudizio dei parenti ufficiali sono nati i movimenti di rivolta degli Anni ’60 e ’70 che hanno portato a prendere più consapevolezza di che cosa sia davvero una famiglia.
È un luogo dell’anima, dove possiamo fare entrare chi vuole davvero bene al nostro Io Autentico, a prescindere da come esso si esprima. È brutto dire grazie al Covid, ma per molti è stata proprio la pandemia a sollevare il velo dell’ipocrisia su ciò che chiamava “la mia famiglia”. Tutti grazie ai giorni di convivenza forzata e alla paura di morire per uno starnuto abbiamo capito chi davvero contava per noi. Chi era la nostra vera famiglia nel cuore e chi, invece, avevamo un motivo in più per tenerlo a distanza.
Superare la paura di “cambiare parenti”
Non significa che i nostri genitori biologici siano da rinnegare, né che fratelli e sorelle siano da dimenticare. Significa solo che se con queste persone, che non abbiamo scelto, non ci troviamo più a nostro agio: o lavoriamo per modificare questa relazione o la cambiamo. Si può lasciare un marito, perché non si può smettere di frequentare la cugina tossica che da quando eri bambino ti bullizza? Ti senti in colpa a dire no all’ennesima richiesta di tua sorella maggiore, solo perché è tua sorella? Ecco, allora è davvero necessario che tu legga questo articolo.
La scienza e l’importanza delle amicizie familiari
Secondo uno studio di William Chopik, ricercatore del Dipartimento di Psicologia della Michigan University, avere una famiglia e degli amici aiuta a stare meglio. La ricerca scientifica è stata condotta in 100 Paesi e ha coinvolto migliaia di persone. Ha dimostrato che con l’avanzare dell’età sono più le amicizie a essere benefiche rispetto ai legami “di sangue”. Per questo non c’è proprio nulla di cui vergognarsi se per te è più “sorella” l’amica con cui ti confidi dalle medie, che quella che porta il tuo stesso cognome.
Il punto di vista di alcune intellettuali
In Francia, in questi giorni, sta facendo discutere un libro intitolato “Perché ho scelto di avere un cane (e non un bambino)”, dove l’autrice Hélène Gateau racconta di come abbia superato la separazione dal marito grazie a Colonel, un border terrier. Per molti questo tipo di famiglia può essere contro natura, o scandalosa, ma resta il fatto che l’autrice, una veterinaria, la considera “la sua famiglia”. E già per questo merita rispetto.
Dal rispetto per le scelte affettive altrui viene fuori con prepotenza la “Queer Family” di Michela Murgia. La scrittrice sarda, da poco scomparsa, ha ribadito con forza il diritto a vivere in una famiglia dove i legami tra i vari membri non fossero “di sangue” ma “di scelta”, di comunione di intenti e di passioni. Al di là del fatto che la famiglia sia composta da due o da dieci persone, al di là del fatto che esse siano uomini, donne o ciò che si sentono di essere in quel momento.
Molte famiglie sono “eccentriche”
Il termine inglese queer può essere tradotto in italiano con “insolito”, “eccentrico”. Proprio quest’ultimo aggettivo può aiutarci a capire perché sempre più persone decidono di fare famiglia con l’amico o l’amica del cuore. O con entrambi. Eccentrico, deriva dal latino ”ex centrum”, una cosa che non ha lo stesso centro di un’altra. E tu chi vuoi mettere al centro della tua vita? Rispondendo a questa domanda puoi capire se il tipo di famiglia in cui stai vivendo è veramente quella che fa per te.
Se tu e i tuoi sentimenti ne sono al centro non importa chi siano gli altri membri che la compongono. Ma se il tuo vero Io vive nascosto, non può parlare durante il pranzo di Natale o, ancora peggio, deve dire o fare cose in cui non si riconosce, allora sei di fronte a un bivio: cambiare il modo in cui vivi certe relazioni o continuare a essere infelice.
Perché a volte gli estranei diventano fratelli
Perché ce li scegliamo. Il motivo per cui alcune “famiglie eccentriche” funzionano di più della famiglia tradizionale, è perché i membri che le compongono si sono scelti a vicenda. Non si sono trovati obbligati a giocare insieme fin da bambini, giocano ogni giorno la loro partire con chi vogliono. Spesso l’allontanamento tra persone consanguinee avviene in modo quasi naturale, senza liti o drammi. Semplicemente non ci si sente o non ci si vede più.
Poi magari se ci si incontra a un matrimonio o a un funerale, si dà la colpa della sopraggiunta distanza alla vita frenetica. Ma non ci sono colpe, solo desideri: gli amici a cui teniamo non li perdiamo di vista perché, appunto, ci teniamo. Li teniamo vicini a noi, perché sentiamo che stare con loro ci fa bene, ci permette di essere noi stessi.
Il diritto-dovere di scegliersi
Nelle famiglie allargate, non solo i membri si sono scelti, ma hanno meno pressioni al loro interno. Nessuno deve stare seduto a tavola “se no mamma ci resta male”, ma tutti vogliono starci. Non c’è un obbligo giuridico, ma una libera scelta, dettata dalla consapevolezza. Non dall’abitudine o dalla paura di rimanere soli o sole.
Uno studio di un gruppo di ricercatori di genetica di Yale e dell’Università della California ha dimostrato che gli amici possono condividere la stessa quantità di geni dei cugini di quarto grado. Non solo, nella malaugurata ipotesi che tu abbia bisogno di una donazione di midollo osseo a donartelo potrebbe essere il tuo gemello genetico. È sbalordivo, infatti, come anche da un punto di vista genetico siamo più simili, spesso, a chi vive dall’altra parte del mondo e neppure ci conosce rispetto a chi è nato dai nostri stessi genitori.
Questo dimostra come la strabordante importanza data ai legami “di sangue” sia un retaggio di un passato (medievale), dove ancora non si conosceva la genetica. E soprattutto non si aveva il coraggio e il diritto di scegliere di stare bene. Anche tra le mura domestiche.