Mi capita spesso che le mie clienti mi portino in sessione un tema di insoddisfazione legata al lavoro. Hanno ottenuto il posto fisso, oppure lavorano in cooperative con contratti a termine, che però vengono puntualmente rinnovati. Alla mia domanda: “e che lavoro ti piacerebbe fare?”, la risposta più diffusa è “non lo so”. Le altre risposte sono vaghe e inconsistenti, somigliano più a un desiderio di evasione che a un vero e proprio obiettivo. Di solito, metto in stand-by la questione lavoro perché, per esperienza, so che in molti casi è un falso problema. O, meglio, so che il lavoro diventa il capro espiatorio di un malessere che abbraccia altri aspetti della propria vita. Benché ci sembri da ingrati, riteniamo più accettabile identificare quella sensazione di tribolazione interiore con il fatto che odiamo in nostro lavoro, piuttosto che ammettere che nella nostra vita c’è qualche tassello fuori posto. Il mio compito come coach è proprio aiutare la mia cliente a mettere a fuoco le incongruenze della sua realtà e a chiamare le cose con il loro nome.
Se il lavoro è un falso problema, qual è il vero problema?
Andando a fondo, indagando altri ambiti del proprio vissuto quotidiano, emergono dati interessanti. Nella maggior parte dei casi, il vero problema è un altro. E può essere di due tipi:
- Non sentirsi valorizzati. La sensazione di base della mia cliente è che, qualunque cosa lei faccia (al lavoro ma non solo), non venga apprezzata, sia data per scontata o minimizzata. Questa sensazione provoca un malessere profondo che incide sulla percezione del proprio valore. Essere visti è un bisogno reale, è naturale quindi che sentirsi invisibili provochi frustrazione e insicurezze. In questi casi, lavoro con la mia cliente sull’assertività e sul modo di rendere evidente e importante la propria presenza.
- Sentire di non impiegare al massimo le proprie potenzialità. Nella stragrande maggioranza dei casi, la mia cliente si sente sprecata per il lavoro che fa. Magari era appena uscita dall’università e si è trovata a fare quel lavoro per caso. Doveva essere temporaneo ma poi le hanno fatto un contratto a tempo indeterminato e – di questi tempi – è meglio tenerselo stretto. Oppure non le sembrava di avere particolari interessi e attitudini e ha fatto il primo lavoro che le è capitato. Quando il motivo è la paura di non aver scoperto la sua reale vocazione, faccio con la mia cliente un lavoro sul talento, per capire se ce n’è qualcuno che si può trasformare in lavoro.
L’importanza di avere una vita oltre al lavoro
In generale, noto che spostiamo la nostra attenzione sul lavoro perché tendiamo, comprensibilmente, a identificare il nostro valore con ciò che facciamo per vivere. Se il lavoro assorbe più di un terzo delle ventiquattr’ore giornaliere, è naturale che vogliamo esserne contenti, che vogliamo sentirci soddisfatti a fine giornata, e sapere che il nostro operato fa la differenza, che abbiamo apportato il nostro pezzetto di miglioramento nel mondo. Sono convinta, però, che sia indispensabile avere una vita piena e soddisfacente al di là del lavoro, avere una valvola di sfogo che ci faccia sentire vivi a prescindere dal lavoro che svolgiamo. Trova una passione, un interesse, incontra gli amici, prepara torte, vai a teatro, iscriviti a un club del libro, apri un blog, fai viaggi con il tuo – o la tua – partner, esci dalla trappola di identificare la tua soddisfazione personale con quella professionale. Se lo fai, la questione lavorativa sarà naturalmente ridimensionata e tu non vedrai l’ora di uscire dall’ufficio per iniziare la tua vita “vera”.
Cosa fare quando il vero problema è proprio il lavoro
Potresti pensare che pecco di incoerenza, visto che io il posto fisso l’ho mollato per cambiare lavoro. Non ti dirò che il mio caso era diverso né mi arrampicherò sui vetri per trovare giustificazioni improbabili. Ci sono dei casi in cui quel malessere che senti è davvero legato al lavoro che fai, che non ti dà più stimoli, che veicola valori in cui non ti riconosci (più). La mattina ti alzi pensando che sarà un altro giorno triste, come quelli appena trascorsi e quelli che verranno. Torni a casa ogni sera più vuoto e tutti i tuoi interessi e la tua ricca vita interiore non bastano (più) a ricaricare le tue energie vitali. Se è questo il tuo caso, voglio darti qualche suggerimento, basato sulla mia esperienza, che potrebbe tornarti utile nel caso in cui tu decidessi di cambiare lavoro.
- Indaga a fondo i motivi del tuo malessere. Non fermarti alla risposta più semplice e immediata. Cerca di capire quanta parte ha la professione che svolgi nel modo in cui ti senti. Se è il caso, chiedi aiuto a un professionista. È importante andare al cuore del problema.
- Non mollare il lavoro che hai. Se hai capito che a renderti infelice è il tuo lavoro, non c’è bisogno che tu dia le dimissioni. Prova a capire se la soluzione potrebbe essere cambiare mansione o posizione all’interno dell’azienda o della realtà in cui ti trovi. Non prendere decisioni impulsive: non è questo il momento.
- Esplora i tuoi talenti. Vorresti cambiare totalmente lavoro ma non sai bene cosa vorresti fare. Credi di avere talenti che non hai mai esplorato e ti senti spaesato rispetto alla molteplicità di strade che potresti prendere. Perché non approfittare del tuo lavoro per esplorare i tuoi talenti? Il fatto di avere un lavoro retribuito è una risorsa da non sottovalutare: hai le possibilità economiche che servono per fare dei corsi o dei laboratori, per indagare più a fondo una passione che finora è stata solo un hobby.
- Sgombera la mente dalle illusioni. Chi cambia lavoro, nove volte su dieci lo fa per mettersi in proprio. Mettersi in proprio non è una passeggiata, non ti renderà libero e felice. Dovrai misurarti con problemi che nemmeno ti immagini. Senza contare che il mondo non è lì ad aspettarti a braccia aperte. Con questo non voglio scoraggiarti ma solo invitarti a non coltivare idee illusorie. Acquisisci consapevolezza di ciò che ti aspetta.
- Prepara il terreno per il cambiamento. Se l’unica opzione praticabile è cambiare lavoro, arrivaci preparato. Fai delle azioni preliminari avvedute. Segui un corso, un master, qualunque cosa che ti faccia sentire competente nel tuo campo. La concorrenza è tanta e la sindrome dell’impostore è sempre dietro l’angolo. Vai da un commercialista, valuta i rischi, dai un’occhiata al tuo conto in banca, capisci se in questo momento hai tutte le condizioni necessarie per fare il salto.
- Buttati. Una volta che hai seguito tutti gli step precedenti, non pensarci troppo e buttati! Altrimenti non lo farai mai e resterai intrappolato nel rimpianto di non averci nemmeno provato.