Giovedì è la fatidica data della riunione sulla strategia di marketing.
Hai studiato il mercato potenziale, analizzato l’offerta e il posizionamento dei concorrenti così come le minacce di ingresso di altri player (sei preparata!). Tu:
- hai un paio di idee che vuoi condividere con il capo e i colleghi per sentire che ne pensano (sbagliato)
- hai un paio di buone idee su come far incrementare le vendite del prossimo trimestre del 20% (giusto)
Oppure:
Giovedì è la fatidica data della riunione sulla ridefinizione delle procedure degli acquisti.
Hai studiato il diagramma dei processi di apertura vendor, richiesta e creazione dell’ordine, hai analizzato le approvazioni necessarie così come i flussi documentali (sei preparata!). Tu:
- hai un paio di idee che potrebbero aiutare a semplificare il processo (sbagliato)
- hai un paio di buone idee su come semplificare il processo saltando due loop inutili e facendo risparmiare due giorni lavorativi (giusto)
Chiunque tu sia, qualunque cosa tu faccia (marketing, acquisti, contabilità, commerciale, finanza e controllo, customer service) stiamo parlando di te.
Sei capace, sei una grande lavoratrice e ti piace il tuo lavoro. In una parola, sei brava.
Poi però quando arriva il momento di “venderti” diventi improvvisamente debole, poco assertiva, mostri insicurezza.
E la sera di quel fatidico giovedì ti chiedi perché quando eri ancora ai preamboli ti hanno tagliato il tempo della presentazione a soli cinque minuti, e hai dovuto correre saltando anche delle slide perché il capo continuava a guardare l’orologio e alla fine sei stata congedata con un distratto “Grazie, vedo che hai svolto un gran lavoro”.
La comunicazione efficace
Già: perché?
La comunicazione efficace è uno degli aspetti più importanti in azienda e anche uno degli scogli più difficili per la maggior parte delle donne.
E dire che siamo così brave a raccontare la trama di un film alle amiche, o una ricetta passo passo, o la nostra ultima disavventura quando abbiamo bucato una gomma sulla Statale.
Perché per noi comunicare significa suscitare emozioni, cercare ascolto e empatia e, da ultimo, costruire relazioni.
Però al lavoro tutto questo non funziona. Le regole al lavoro le hanno costruite gli uomini. E quindi anche le regole della comunicazione: non si comunica per creare empatia ma per aiutare l’azienda a prendere le decisioni giuste.
Ma non disperare: questo modo di comunicare si può imparare, come una lingua straniera.
Da dove cominciare?
Quindi ecco qui tre regole chiave.
- Enuncia la tua teoria senza digressioni, senza lunghi preamboli per inquadrare il contesto, usando preferibilmente il modo verbale indicativo e aggiungendo dati quantitativi a supporto.
Gli uomini processano le informazioni in modo sequenziale; noi invece abbiamo una visione più globale. Quindi mentre noi catturiamo tante sfaccettature simultaneamente, loro in genere apprezzano l’analiticità e capiscono meglio le concatenazioni causali: if – then – else, come nei linguaggi di programmazione. - Vai dritta al sodo. Anzi meglio se parti dalle conclusioni, come gli abstract delle pubblicazioni scientifiche (anche se questa regola vale principalmente per le comunicazioni scritte, è buona norma seguirla anche nelle comunicazioni verbali).
I manager (uomini e donne) hanno una cronica mancanza di tempo a disposizione e, di conseguenza, hanno “slot” di attenzione limitati. Per fare un semplice esempio, io stessa nell’ultimo mese ho ricevuto 1800 mail a cui dovevo dare risposta o fare follow-up. Non potendo gestire una tale mole di mail esaustivamente, occorre sviluppare una capacità di lettura veloce e quindi è fondamentale trovare subito le informazioni significative. - Usa il registro linguistico degli adulti. Non significa che devi cominciare a dire le parolacce, ma semplicemente che devi liberarti della ragazzina che è in te. Le frasi interrogative (anche pleonastiche), il parlare velocemente, chiedere il permesso o scusarti in anticipo, così come dare troppe giustificazioni, sono tutte formule bandite perché sono interpretate come messaggi di insicurezza. La ragazzina insicura non è credibile.