COME SI DIVENTA UN BRAVO COACH – PARTE PRIMA

Questo articolo in 3 puntate riassume tutto quello che a voce Francesca dice sul coaching ad allievi e curiosi. La prima parte è una introduzione generale, la seconda parla del metodo di coaching proprio di ADF e della certificazione ICF (o di altri enti come l’ICA o l’AICP), la terza è ricca di spunti di riflessione e suggerimenti provenienti da 11 anni di lavoro di coaching in azienda e con privati e dall’esperienza di ADF che dura da 4 anni.

 

Il Coaching è  concepito come un metodo di allenamento delle capacità  mentali di una persona orientato a risultati concreti. Nasce soprattutto dallo sport e in particolare dalle riflessioni di Gallway sul tennis. In seguito, viene generalizzato agli aspetti di vita quotidiana (life coaching) e applicato alle perfomance aziendali (executive e corporate coaching o più sinteticamente business coaching). Il luogo di nascita sono gli Stati Uniti; in Europa è stato divulgato soprattutto grazie all’opera di Whitmore; la sua rilevanza scientifica è stata sviluppata grazie all’opera di Grant in Australia (coaching evidence based).

Gallway era un allenatore di tennis, Whitmore un consulente aziendale, Grant uno psicologo. Per quanto le impostazioni siano diverse, le varie concezioni del coaching hanno in comune il fatto che viene concepito come un metodo di risoluzione dei problemi in chiave maieutica, attraverso una relazione non direttiva, dove il focus è posto dal cliente.

In Italia il coaching è stato introdotto nel 2002 attraverso l’importazione di corsi di formazione americani tradotti e una campagna di marketing indirizzata soprattutto alle aziende.

 

Come si diventa un buon coach? Quali sono i percorsi formativi più adatti? Che peso ha la tecnica?

Pur essendo il coaching una metodologia giovane e in piena espansione, ci sono perlomeno tre aspetti che bisogna considerare per diventare ottimi coach:

  1. la concezione che si ha dell’essere umano e delle Organizzazioni, la propensione ad incontrare ed ascoltare con oggetività e senza pregiudizio
  2. la metodologia e la tecnica di coaching
  3. lo sviluppo personale del Coach

È difficile diventare ottimi coach se si ha l’immagine del cliente come persona da spremere o come oggetto da tollerare in cambio di una parcella, un coach è una persona che a priori ha piena fiducia nelle potenzialità del cliente, nei suoi poteri e talenti. Senza questa fiducia, non si può essere bravi coach, ma solo ottimi attori.

La metodologia e la tecnica implicano uno sforzo di studio costante.

Un bravo coach studia tutta la letteratura intorno al coaching, si aggiorna, condivide esperienze, si avvia in un processo di formazione permanente, si verifica e verifica la propria competenza nella sua attività professionale.

Un bravo coach studia anche la filosofia, la letteratura intorno alla formazione, la psicologia, la narrativa: studiare significa imparare ad ascoltare gli altri, capirli, comprenderli.

Un coach è un esperto dell’allenamento al senso del futuro. Proprio per questo deve essere un appassionato conoscitore della storia e coltivare il senso del contesto storico e sociale in cui vive.

Lo sviluppo personale è altrettanto importante. Un coach è una persona come tutti, pieno di incoerenze, contraddizioni, dilemmi, dubbi, sofferenze. Ma è anche una persona che è consapevole delle proprie potenzialità, che sa come valorizzarle, svilupparle, allenarle. Ha dunque una forte tensione all’autorealizzazione che sperimenta, vive, e ricerca in stretta connessione con il proprio network di colleghi coach, con cui ha uno scambio permanente.

 

[la seconda parte di questo articolo la trovate qui]

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