Pace e felicità sono due espressioni che vengono spesso confuse e fraintese, ma seppure connesse tra loro, non sono la stessa cosa. La parola felicità ha radici sanscrite, bhu, ma anche greche, φύω (fio) da cui derivano i termini fecondo e feto. In latino, foelix (o felix), ovvero fecondo, fertile e – in senso più esteso – soddisfatto, appagato. L’etimologia della parola ci dice quindi che la felicità indica un senso di soddisfazione, appagamento, gratificazione.
La natura della felicità
Ma che cosa ci appaga, e dunque, ci rende felici? L’oggetto della soddisfazione può variare a seconda del soggetto: una promozione lavorativa tanto ambita, un incontro amoroso, un momento condiviso con una persona cara. Ma attenzione: l’appagamento non va interpretato come la realizzazione di una pulsione primaria e istintiva, come mangiare. Stiamo parlando invece di desideri più profondi, intimi, di natura personale o professionale, strutturati e stratificati, e con uno specifico obiettivo. Quando ci prepariamo ad una gara, fatichiamo, lottiamo per raggiungere lo scopo, e alla fine vinciamo, ci sentiamo felici, gratificati, appagati. Le endorfine ci scorrono nel sangue. Tuttavia, la felicità è uno stato d’animo di passaggio, veloce e fugace. Subito dopo la premiazione della gara, infatti, subentreranno nuove domande, dubbi e preoccupazioni: vincerò anche la prossima? Ho commesso degli errori? Mi merito la vittoria? La felicità di quel momento è già svanita, come un prezioso traguardo effimero che si dissolve nell’aria.
È proprio in questa fragile impermanenza che si trova la natura profonda della felicità. È in questo suo limite temporale che sta la sua importanza: se la felicità durasse a lungo, non ci sentiremmo mai motivati ad affrontare nuove sfide che la vita ci pone davanti. La temporaneità di questa condizione è il motivo per il quale siamo spinti a ricercarla, dedicandovi molte delle nostre energie, e talvolta perdendoci. Qui entra in gioco la pace.
Il ruolo della pace
La radice sanscrita di pace significa pak – o pag – cioè fissare, pattuire, legare, saldare, e da essa derivano i concetti di “pagare” e “patto”. Nel latino pax, la pace viene intesa come quella preziosa condizione di armonia, quel sentimento di unione che lega individui e popolazioni. Infatti, è stata spesso usata per indicare quella condizione di concordia in antitesi alla guerra. Ma nei secoli si è trasformata in una parola dall’accezione interiore: la pace interiore è una condizione diffusa di serenità emotiva e psicologica.
Il flusso costante di pensieri, le azioni quotidiane che compiamo, incluse quelle automatiche, ci distolgono facilmente dal momento presente e dalla nostra piena coscienza. In questo caos interiore, che cosa possiamo fare per ritrovare la pace e finalmente riconoscerla? L’invito è a vederci come osservatori oggettivi di ciò che accade fuori e dentro di noi, in modo da acquisire una maggiore consapevolezza di noi stessi. La via più immediata per raggiungere questo traguardo è la meditazione: la pratica meditativa stimola la produzione della prolattina e della melatonina, inducendo un diffuso senso di benessere, rafforzato e stabilizzato dalla diffusione della serotonina e della noradrenalina. Quando meditiamo, quindi, ci sentiamo più stabili, energici, radicati nel nostro corpo e nel nostro spirito. È qui e ora che riconosciamo la pace.
La mente di chi medita con assiduità si trasforma, o meglio, si evolve. Va in una direzione diversa dal pilota automatico che ci muove, una direzione meno schiava dei sensi e delle emozioni e più propensa all’empatia.
Come riconoscere la felicità e la pace dentro di noi
La felicità e i meccanismi che la regolano fanno parte dell’essere umano: è impossibile negarsi la costante ricerca di essa. Fa parte di noi. La vera domanda da farsi è: quanto la mia visione della felicità è influenzata dall’esterno e quanto è mia?
Per approfondire ti consigliamo di prendere un quaderno e rispondere con calma a questa e ad altre domande:
- Che cosa rappresenta per me la felicità, intesa come breve momento di appagamento e soddisfazione?
- Da chi o da che cosa sono suggestionat*?
- Se vivessi in un mondo dove il successo e gli standard non esistono, la mia idea di felicità sarebbe la stessa?
La pace, d’altro canto, è un’emozione più persistente e duratura, che va ricercata al di là degli obiettivi raggiunti. Rispondi ora a queste domande:
- Quando riesco a stare nel qui e ora?
- Quando la mia mente non vaga nel flusso dei pensieri?
- Quando riesco a non preoccuparmi (pre-occuparsi, occuparsi prima)?
Essere in linea con le proprie emozioni, i propri valori e l’idea della vita che abbiamo equivale a sperimentare la pace.
Per essere in pace con noi stessi non possiamo perdere le occasioni di essere felici, ma per essere davvero felici, dobbiamo aver trovato la nostra pace. Questo è il meraviglioso legame che lega felicità e pace, le fa incontrare, ma mai essere la stessa cosa.