La famosa clip del film Palombella Rossa di Nanni Moretti, in cui Michele Apicella, il personaggio protagonista, prende a schiaffi l’intervistatrice che usa modi di dire vuoti e stereotipati (come “a pezzi” e “alle prime armi”), mi fa sempre molto ridere. Pur nella comicità della scena, c’è una verità universale e inconfutabile (per inconfutabile Apicella avrebbe preso a schiaffi anche me): le parole che scegliamo per raccontarci e interagire con gli altri hanno un grande peso. Hai mai sentito parlare del potere creativo delle parole? Quest’espressione viene utilizzata in svariati ambiti, dalla legge dell’attrazione alle neuroscienze. E che si faccia riferimento alle vibrazioni o all’amigdala, la conclusione è più o meno la stessa: il modo in cui parliamo a noi stessi e di noi stessi condiziona il nostro umore, determina l’andamento della nostra giornata e può addirittura arrivare a definire il nostro futuro.
Di recente ho seguito un laboratorio di poesia short con Alessandra Racca, che è stato intenso e pieno di spunti. Alessandra ha letteralmente fatto a pezzi una sua poesia ritagliandone le parole e sparpagliandole su un tavolo. A ciascuno dei partecipanti è stato chiesto di sceglierne una e, attraverso di essa, di raccontare qualcosa di sé. È stato incredibile avvertire il potere delle parole e come esse arrivino forti alla pancia, prima ancora che al cervello. Una ragazza ha scelto la parola lotte e io mi sono immediatamente immaginata cortei e manifestazioni, sguardi fieri e testa alta. Deve essere una persona coraggiosa – ho pensato. La parola che ho scelto io, invece, è stata bellezza che – coincidenza? – è anche la mia parola dell’anno. Quando è toccato a me presentarmi, grazie al potere della mia parola, così morbida e accogliente, il mio discorso ha iniziato a scorrere fluido, leggiadro, e mi sono sentita in armonia con l’ambiente circostante, io che da introversa sono piuttosto schiva e riservata.
Non è la prima volta che mi capita di sperimentare questo potere delle parole, non sempre in positivo. Fino a poco tempo fa, quando mi sembrava di trovarmi in una situazione di impasse, soprattutto interiore, mi dicevo: “mi sento bloccata”. E più esplicitavo questo concetto all’esterno, scrivendo o parlando con gli amici, più avvertivo fisicamente il blocco, attraverso una sensazione diffusa di mancanza d’aria e smarrimento, fino all’infiammazione del muscolo dentato (che si trova dietro la schiena), che mi rendeva difficile i movimenti. Sono certa che neuroscienziati e operatori olistici avrebbero le loro valide opinioni sulle cause di questi sintomi fisici. Io mi sono basata sul metodo empirico e ho capito che dirmi “mi sento bloccata” non mi faceva bene e che per qualche motivo il mio cervello trasformava l’informazione in un blocco fisico (caspita, sento già un indolenzimento alla spalla).
I miei suggerimenti per parlare a se stessi in modo furbo e sperimentare il potere delle parole
Esistono degli elenchi di parole buone o cattive e delle regolette di base, tipo mai usare negazioni e fare solo affermazioni positive. Ecco i piccoli trucchi che uso io e che magari possono essere utili anche a te:
- Il mio personale metodo, che suggerisco a tutti i miei coachee che tendono all’autoflagellazione, è di rivolgere a se stessi parole di gentilezza. È un esercizio facile, facile: guardati allo specchio al mattino o quando ne hai bisogno e regalati una frase gentile, che può essere semplice o più articolata. A lungo termine, diventerà un’abitudine che ti aiuterà a sentirti meglio quando hai il morale a terra (“Signorina, ma come parla?!?”, mi direbbe Moretti/Apicella).
- Impara a sostituire i devo/dovrei, che – diciamolo – sono pesanti, con i voglio/vorrei, che ci trasmettono subito una sensazione legata al piacere.
- Al posto delle parole che ti comunicano negatività utilizza perifrasi di grado neutro, cioè un giro di parole meno drammatiche. Così, ad esempio, una situazione non sarà più soffocante ma produrrà un’energia da togliere il fiato (io sono sempre in bilico tra il melodramma e la canzonetta). Sei poi sei amante delle figure retoriche, potrai sbizzarrirti (sì, esistono anche gli amanti delle figure retoriche e non sono per forza persone noiose, eh!).
- Sforzati di introdurre nel tuo lessico quotidiano parole nuove, che normalmente non utilizzi. Cerca parole con un bel suono, parole che ti ispirino sensazioni di benessere o che siano buffe. Così facendo, non solo avrai ampliato il tuo vocabolario, ma il tuo modo di esprimerti avrà acquisito anche una nuova musicalità.
- Quando ti sembra che la tua vita sia poco interessante, comincia a raccontartela in modo diverso. Se pensi che sia inutile e impossibile (occhio anche a questi aggettivi), perché il piattume sempre tale rimane, anche se usi un sinonimo, forse ti serve un esercizio di creatività e immaginazione. Prova My Secret Life, un journal molto intrigante ideato da Micaela Terzi. Geniale!
Non dimenticare che sei tu a scrivere la tua storia e hai tutto il diritto di raccontarla come meglio credi. Ovvio, senza mai discostarti troppo dall’idea di una realtà oggettiva, altrimenti si rischia di sfociare nel patologico. E quella sì che è tutta un’altra storia.
Questo articolo mi ha trasmesso emozioni positive, ho preso appunti, inizierò fin d’ora a seguire i suggerimenti.
Grazie cara Giovanna.