Alzi la mano chi ha pronunciato almeno una volta la frase “la mia vita è un fallimento”. Fallire
Io – complice il mio DNA partenopeo intriso di sceneggiata – ho avuto a lungo la convinzione di aver fallito in tutti gli aspetti della mia vita (se faccio qualcosa, tanto vale farla bene!).
Ma cosa vuol dire fallire?
L’etimologia del termine è la stessa di fallare: vuol dire “semplicemente” sbagliare, cadere, ingannarsi. Eppure, nel nostro sistema di pensiero, siamo disposti a tollerare l’errore (fallare), come quando camminando mettiamo un piede in fallo per poi ritornare sul nostro percorso. Non usiamo, invece, la stessa benevolenza verso l’atto di fallire, che è percepito come una grave colpa, una vergogna da nascondere al mondo, una sorta di sconfitta interplanetaria. Da un lato, temiamo il giudizio degli altri, immaginando che se ne stiano lì a guardarci per immortalare il momento esatto in cui inciampiamo. Dall’altro, tendiamo a pensare al fallimento come a un punto di non ritorno, e siamo convinti che non potremo mai fare ammenda e riscattarci, dimenticando che la vita è per definizione dinamica.
Non esiste successo che non sia costellato di fallimenti
Siamo bombardati da storie di successo, di personaggi famosi che ce l’hanno fatta. Storie di riscatto sociale, di raggiungimenti di traguardi fantastici, di fortune economiche ottenute attraverso talento e determinazione. E a noi sembra di non reggere il confronto: messi di fronte a risultati così sorprendenti, l’idea di fallire diventa ancor più insopportabile e sminuente. La verità è che noi ci soffermiamo solo sul punto di arrivo, senza considerare il percorso che una persona cosiddetta di successo ha compiuto per arrivare over the top. Qualche esempio?
Thomas Edison, prima di realizzare il prototipo di lampadina che poi brevettò, ha dovuto provare e riprovare in diecimila modi diversi. Walt Disney, prima di diventare il padre di Topolino, ha vissuto per più di dieci anni al limite dell’indigenza, arrivando anche a dichiarare fallimento. J.K. Rowling si è vista rifiutare il manoscritto di Harry Potter da ben 12 case editrici prima di riuscire a pubblicarlo.
Il fallimento e la paura di fallire
Il problema reale non è tanto il fallimento, in sé, quanto la paura di fallire, che è il vero dissuasore. Quando pensiamo al fallimento, dentro di noi si accende l’interruttore della paura. La paura, a sua volta, è legata al concetto di sofferenza. Così, nella nostra mente scatta l’associazione fallimento=sofferenza. Ed è un dato di fatto che noi ci impegniamo molto di più a evitare la sofferenza di quanto non facciamo per perseguire il piacere. Abbiamo talmente tanta paura di fallire da restare immobili nella famosa zona di comfort, anziché fare esperienza della vita. Se poi la mente ci proietta pure il film con scenari apocalittici di ciò che potrebbe accadere qualora fallissimo in un obiettivo che ci sta a cuore, la paralisi è garantita. E allora come possiamo evitare che la paura di fallire ci impedisca di realizzare i nostri sogni? Visto che conosciamo bene tutti i contro, potremmo iniziare a considerare anche i pro.
Il coraggio di fallire
Fallire fa schifo, non giriamoci intorno. È doloroso e suscita emozioni poco piacevoli da provare, come il senso di inferiorità, di sconfitta, di delusione profonda. Ma ha, a mio avviso, almeno 3 effetti collaterali benefici:
- Ci fa acquisire nuovi dati e informazioni utili. La vita è un apprendimento continuo: a cosa serve fallire se non impari nulla di nuovo? Adesso che ci hai provato ed è andata male, cosa sai che prima non sapevi? Conoscere la propria “situazione nemica” e studiarla nei minimi dettagli ti sarà molto utile quando ti ritroverai di nuovo ad affrontarla. Se metti in conto che fallire fa parte delle regole del gioco, sarai in grado di assumerti più rischi e quindi di osare di più per realizzare i tuoi sogni.
- Costringe a trovare strade alternative. Dopo la prima fase di scoramento, chiedersi cos’è andato storto, cosa ha funzionato e cosa potrebbe essere migliorato, ci permette di affinare meglio la nostra strategia e di essere più efficaci al prossimo tentativo. Per farlo, però, bisogna imparare a prendere le distanze ed essere quanto più possibile obiettivi. Fallire, infatti, è un buon modo per allenare la mente a trovare soluzioni nuove e nuove tecniche per risolvere un problema noto.
- Ci fa riflettere sui nostri desideri. Quando le cose non vanno come avevamo programmato e sperato, è saggio fermarsi a riflettere su cosa vogliamo e su dove stiamo andando. È possibile che abbiamo fatto un passo falso perché non era il “momento giusto”? Quanto tenevamo davvero al raggiungimento di quell’obiettivo? Se rispondiamo sinceramente a queste domande, è probabile che troveremo il vero nodo della questione.
Cosa fare quando ti sembra che la tua vita sia un fallimento
La prossima volta che ti sentirai di affermare “la mia vita è un fallimento”, corri ai ripari:
- Innanzi tutto, contestualizza e spacchetta questa frase: quale aspetto della tua vita è un fallimento? In base a quali evidenze giustifichi quest’affermazione?
- Una volta individuato il problema, o i problemi, pianifica una strategia ad hoc.
- Ci hai già provato ma non è cambiato nulla? Prova, allora, approcci diversi e, se non hai idee nuove, fatti aiutare da un amico: cambiare prospettiva può essere vitale.
- Se tutto questo non ha sortito alcun effetto, ripensa alla tua vita così com’è: esiste la possibilità che tu ti stia solamente lamentando. Nulla di grave, capita a tutti: fa’ un respiro profondo e vai incontro al tuo prossimo successo. Ché non si può fallire per sempre. E anche questo è un dato di fatto.
Interessante leggre il tuo articolo!!! Stavo cercando l’origine della parola fallimento e sono capitato su questo sito che ha attirato la mia attenzione per il suo nome e poi leggendo il tuo articolo mi rendo conto, ogni giorno di più, dell’importanza di coltivare, ogni giorno (scusa la ripetizione), il nostro spirito e la nostra mente con la conoscenza obiettiva di concetti che ci hanno fatto credere negativi! Un Abbraccio