Il tirocinio è una parte fondamentale del processo di crescita professionale di un coach.
In Accademia della Felicità, una volta frequentato il Master in Coaching, per ottenere l’abilitazione alla professione di coach è necessario effettuare un tirocinio di 100 ore sotto la supervisione della Master Coach di Accademia, Francesca Zampone.
Il Master è un percorso lungo e impegnativo; io l’ho frequentato e posso testimoniarne direttamente il potere trasformativo. Il lavoro che si fa su se stessi, profondo e intenso, permette a chi lo frequenta di acquisire maggiore consapevolezza di sé, dei propri bisogni, dei propri desideri, di cosa si vuole e spesso di cosa non si vuole più nella propria vita; e questo accade indipendentemente dal voler fare del coaching la propria professione oppure no.
Ma è dal punto di vista professionale che la trasformazione si fa ancora più profonda, nel momento in cui si decide di fare del coaching il proprio futuro lavorativo e quindi ci si prepara al tirocinio, ognuno con i propri tempi e nell’area che è più congeniale.
Nel mio caso, lavorando su me stessa, ho capito di essere una life-coach, che può aiutare le persone a trovare l’equilibrio e l’armonia tra i vari pezzi della propria vita, utilizzando strumenti che fanno parte di me e della mia vita: il mio amore per la cultura e lo stile di vita giapponese, l’ikigai, la semplificazione e la spiritualità, la fotografia e, più in generale la creatività e l’arte.
Quando ci si avvicina al tirocinio, come spesso accade quando ci si deve confrontare con qualcosa di nuovo e soprattutto essere d’aiuto agli atri, si hanno sempre molte paure e non ci si sente mai pronti. Ma il momento poi arriva e ci si butta. Ed è allora che nasce la magia. Una magia che avviene secondo un percorso preciso:
- prima di tutto è un percorso che si sviluppa pian piano – con le prime sessioni, studiando e ristudiando, preparando gli incontri e gli esercizi, confrontandosi con i colleghi in tirocinio e i coach più esperti; non avviene tutto subito;
- un percorso che si sviluppa partendo da quello che si dà ai coachee – offriamo infatti le nostre competenze professionali, ma anche il lavoro fatto su noi stessi nei mesi precedenti; quindi praticamente diamo tutti noi stessi;
- e infine il percorso si conclude con quello che invece si riceve dai coachee – perché da loro riceviamo tantissimo: la loro voglia di trasformarsi e i sorrisi per ogni risultato raggiunto; li vedi trasformarsi e riprendere in mano le loro vite e indirizzarle verso un obiettivo veramente loro; li vedi più consapevoli del loro valore come persone e delle loro scelte personali e professionali.
Una parte importante del mio percorso di tirocinio è stata anche poter lavorare a mia volta come coachee di altri coach in tirocinio. Un piacere e una scoperta continua perché:
- è l’altro lato della medaglia: è ammettere di aver bisogno d’aiuto e di voler affidarsi a un altro per raggiungere un obiettivo; è riscoprirsi umani in mezzo ad altra umanità;
- continuando a lavorare su se stessi, si scoprono lati di sé ancora non visti ed esplorati;
- vedere crescere professionalmente i colleghi che stanno facendo il tuo stesso percorso, ti permette di confrontare i metodi e fare tesoro dei suggerimenti;
- ti permette di raffinare ulteriormente il tuo stile di coaching, comprendendo e vivendo il percorso che fanno i nostri coachee.
E arrivati alla fine delle 100 ore di tirocinio, e dopo aver lavorato a lungo con altri coach, capisci che in realtà queste 100 ore di tirocinio sono solo i primi 100 passi di un percorso appena abbozzato.
Un percorso di cui sono profondamente grata ai miei coachee, ai miei coach, ad Accademia e ai miei compagni di Master; e a chiunque ho incontrato lunga la mia strada che mi ha permesso di arrivare fin qui.