Riflettere su cosa vuol dire per me essere entrata in Accademia della Felicità come socia, mi permettere di rivedere come un film quanto è cambiata la mia vita, dal riconoscere quanto non andava più bene, quanto non era più nelle mie corde ed accettare di chiudere una porta. Nella vita professionale, come anche in quella personale, si cambia e si cresce. Dobbiamo riconoscerlo ed accettarlo ed accettare di chiudere le relazioni che non ci fanno più stare bene.
Spesso non ci sono colpe, semplicemente si cambia. Nel mio caso ha voluto dire lasciare un’azienda dove stavo da tanti anni e trasformare le mie passioni nel mio lavoro. La cosa fondamentale, almeno per me, è stata la ricerca di un equilibrio che avevo perduto da tempo.
A questo non si arriva per caso, da un lato la vita ti manda dei segnali per farti capire che non stai andando nella direzione giusta per te, dall’altro devi lavorare tanto su te stessa per imparare a leggerli. È quando capisci di non essere più in equilibrio, quando pensi agli spicchi di cui è fatta la tua vita e non ti ci ritrovi, quando vivi i tuoi ruoli e non ti ci trovi più dentro.
Ma ad un certo punto, per quanto si abbia paura e non sembri mai il momento giusto, occorre capire che la nostra vita la dobbiamo riprendere in mano noi, che nessuno lo potrà fare al nostro posto.
Il Master in Coaching e più in generale l’incontro con il coaching è stato fondamentale. Un grande lavoro su se stessi, profondo e delle volte difficile, ti mette di fronte a parti di te che non vuoi vedere, ma poi tutto torna, i pezzi vanno a posto.
Ho terminato il Master in Coaching a luglio 2018 e ho avuto l’opportunità in questi mesi di studiare con tante persone che ho visto trasformate dal lavoro fatto su se stesse; alcuni li ho visti iniziare a mettersi in gioco, a muovere i primi passi nella professione che potrà diventare il loro futuro, ma in ogni caso acquisire consapevolezza e perché no, imparare a volersi un po’ più bene.
Ma soprattutto vedo come le persone che si avvicinano ad Accademia iniziano a riprendere in mano la propria vita.
Entrare in Accademia, come socia, ma soprattutto lasciare l’azienda dove sono stata tanti anni come dipendente, ha voluto dire essere libera di costruire la mia attività in una struttura dove condividi la strada da percorrere.
Devi essere tu a gestirti, nessuno lo fa per te; probabilmente lavoro più di prima, ma posso trovarmi gli spazi per crescere e, perché no, visitare una mostra quando gli altri lavorano.
È stato un anno nel frullatore, tante ore di studio e di confronto, non è un punto d’arrivo, è solo un ulteriore momento di crescita come ce ne sono sempre nella vita. Aspettative in Accademia ne ho tante, lavoro da fare probabilmente di più.
Posso lavorare sui temi che più mi interessano: l’equilibrio tra tutti i ruoli che oggi ricopriamo, il bilanciamento tra la vita professionale e quella privata, l’utilizzo dell’arte e soprattutto della fotografia come strumenti di creatività… E questo è solo l’inizio.
Il tutto in un ambiente stimolante e alla continua ricerca di strumenti per aiutare le persone a migliorare, a ritrovarsi e a trasformarsi, con dei colleghi con cui costruire insieme.
Riconoscere che una porta va chiusa, trovare il coraggio di farlo e imparare a camminare su un terreno nuovo fa paura, è vero, ma stare fermi se non stiamo più bene è il peggio che possiamo fare a noi stessi.
Basta solo fare il primo passo.