Serial is the new cinema

Siamo all’inizio del mese di settembre e, malinconicamente, salutiamo le vacanze estive, anche il loro ricordo che si affievolisce giorno dopo giorno.

Meno male che la mia estate, lo dico con un certo tono ironico, non ha lasciato troppi ricordi, dato che un’infiammazione al ginocchio a fine luglio ha limitato i miei movimenti per tutto il mese di agosto, e persiste tuttora, benché in miglioramento.

Non potendo muovermi troppo, mi sono dedicato all’attività più facilmente esercitabile in casi come questi, ovvero la visione del maggior numero di serial possibili. Devo ammetterlo, anche se un po’ laconicamente, Netflix mi ha salvato le vacanze!

Per mia fortuna quest’estate sono partite due nuove serie particolarmente ispirate, Stranger Things e The Get Down.

Stranger Things è il fenomeno seriale dell’ultima stagione, che ha suscitato un fanatismo quasi religioso ed è assurto immediatamente allo status di “cult serie”. Gli indizi erano già tutti nel trailer, la provincia americana Anni ’80, un mistero spaventoso, probabilmente soprannaturale o frutto della ricerca scientifica più audace, giovanissimi protagonisti buffi e, soprattutto, il grande ritorno di Wynona Ryder, unica star tra gli attori protagonisti, almeno fino ad oggi, dato che certamente sentiremo ancora parlare della giovane attrice che interpreta il personaggio chiamato Eleven.

Tutto mi aspettavo, tranne che la visione dell’intera serie, 8 puntate divorate in 3 serate, superasse così tanto le mie aspettative.

La miscela messa in campo dagli ideatori e registi, The Duffer Brothers, è vincente, intrisa com’è di riferimenti iconografici e cultuali degli Anni ’80, candidamente citati come fonte di ispirazione.

Il cinema di Spielberg (ET, Incontri ravvicinati), le colonne sonore sonore e le atmosfere dei film di Carpenter, il filone del cinema adolescenziale (Stand by me, I Goonies), le interferenze orrorifiche di Cronemberg e Tobe Hooper (Poltergeist), sono alcuni degli elementi maggiormente identificabili della serie, che ha fatto impazzire sia i maturi nostalgici – tipo me – che i giovani più curiosi di respirare un’atmosfera che non hanno vissuto.

Perché al di là della storia, di cui non dirò nulla perché funziona meglio se si è all’oscuro, quello che ha veramente funzionato nello show è stata la possibilità di rivivere i pensieri e le azioni di un gruppo di personaggi immersi in un’epoca che al termine della visione appare ancora più lontana.

Inutile dire che la colonna sonora, con le sue sonorità dark da b-movie, è perfetta, almeno quanto la selezione di brani doc di quegli anni, che costellano parecchi dei migliori momenti della storia.

Da consigliare a tutte le età, per qualche ora di puro divertimento.

Anche The Get Down punta a ricreare un’epoca ben precisa, la fine degli Anni ’70, intorno al 1977, dalle parti del Bronx, un quartiere distrutto dal malaffare e dalla malavita, abitato da una comunità che vive dei sogni propagandati dall’imperante disco-music, ma che è anche pronta a risvegliarsi grazie alla nuova musica che si affaccia nei party underground, tra le rovine di una civiltà.

La serie infatti ci racconta nientemeno che la nascita dell’hip-hop, con attori che interpretano i più importanti dj che hanno inventato un nuovo modo di fare musica, ispirandosi alla gente vera e alla vita della strada e inventando il mixing e lo scratching, che ancora usa oggigiorno, tra di essi il più mitico è Grandmaster Flash.

Il progetto è stato affidato a Baz Lurhmann, noto regista delle migliori feste cinematografiche, da quella di Romeo & Juliet, alle serate del Moulin Rouge, fino agli eccessi del Grande Gatsby.

Il timore all’inizio della visione era proprio quello di ritrovare il manierismo che nell’ultimo film era risultato così stucchevole, ed infatti così è stato, ma stranamente visto in televisione appare ridimensionato; i tempi televisivi, maggiormente giocati su rallentamenti e ripetizioni, sembrano giovare alla tecnica del regista australiano, sempre alla ricerca di climax e scene madri, in ogni puntata. Il risultato è una serie divertente e coinvolgente, con tanta ottima musica e dei giovani interpreti che sperimentano tutto quello che è possibile prima di accedere alla maturità, prima di operare le scelte che ne faranno degli adulti.

Anche in questo caso la visione è per tutti e il divertimento pressoché garantito.

Per finire devo però confessare il vero guilty pleasure della mia estate, poiché tra tutte le serie hip del momento, il mio favore si è rivolto soprattutto ad una serie che avevo inizialmente sottovalutato, Vikings.

La serie, trasmessa inizialmente da History Channel Canada nel 2013, e progettata come semplice miniserie, ha ottenuto un successo tale da trasformarla in un fenomeno mondiale, tanto che questo  autunno è prevista la programmazione della seconda parte della 4a serie.

Vikings è una serie appassionante per la caratterizzazione dei personaggi e la narrazione degli eventi, ma che conquista per il modo in cui racconta gli usi e i costumi di un popolo di cui non conosciamo nulla e di un’epoca storica, il medioevo, fra le più affascinanti in assoluto, proprio perché poche certezze sono arrivate fino ai giorni nostri e gli storici sono sempre alla ricerca di indizi per ricostruire la vita quotidiana di allora.

E’ possibile che le storie e le situazioni descritte presentino delle forzature, anche se sarebbe bello pensare il contrario, ma la cura con cui anche quelli che sembrano minimi dettagli vengono rappresentati, rendono la visione veramente affascinante.

Purtroppo in questo caso lo spettacolo non è proprio per tutti, la morale vichinga, se così vogliamo chiamarla, presenta delle lacune non indifferenti, ma è un altro dettaglio che rende la serie particolarmente emozionante e, anche se alcune sequenze potrebbero disturbare, non potrete fare a meno di volerne vedere ancora.

Autore: Gianfranco Taino

Ho un lato razionale e pragmatico che si manifesta nella facilità a lavorare con i numeri, nel tenere i conti e nell’essere preciso e affidabile, e una forte vena creativa che mi ha permesso di lavorare come consulente musicale per sfilate ed eventi, come giornalista e come deejay.

Commenta l'articolo

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *