“Le parole sono importanti” è una delle citazioni più famose di Nanni Moretti, ed è anche il titolo dell’ultimo post scritto da Oliviero Beha, recentemente scomparso. L’osservazione del linguaggio, l’imitazione parodistica di certi modi di dire è, d’altronde, una costante nei film del primo, così come l’attenzione per la scelta delle parole e l’assunzione di responsabilità nel loro uso hanno sempre distinto il secondo, quale giornalista.
La parola è la base della comunicazione, l’unità minima di significato, uno strumento di trasmissione di informazioni, idee o concetti. L’italiano è una lingua ricchissima, in un dizionario possiamo trovare circa 300.000 lemmi: di questi ne conosciamo solo una piccola parte e ne utilizziamo un numero ancora più limitato.
Quante volte ci è capitato di usare le parole senza pensarci troppo, salvo poi riflettere, subito dopo, che non corrispondevano esattamente a quello che volevamo dire? Una scelta diversa sarebbe stata magari più precisa ed efficace. Una delle cose imparate al Master in Coaching di Accademia della Felicità è quanto è importante l’uso dei termini, la costruzione di una frase, la formulazione di una domanda: la parola sbagliata in un certo momento può dare confusione anziché essere un aiuto. Allo stesso tempo, una parola specifica detta dal coachee può essere per il coach la chiave di svolta da cui partire per capire dove andare a lavorare.
Anche i libri possono aiutarci a trovare le parole che ci mancano e, soprattutto in momenti di cambiamento e di incertezza, leggere può fornirci gli strumenti linguistici per comunicare meglio, per aiutarci a nominare le cose che non conosciamo e riuscire ad esprimere correttamente le nostre emozioni.
LE PAROLE SENZA LE COSE – Paolo Nori (Laterza)
“Le parole senza le cose” esce nel 2016 in una collana dell’editore Laterza che risponde alla volontà di “fornire nuove letture e nuove immagini del mondo in cui oggi, dopo il Novecento, ci troviamo a vivere”. “Solaris” – questo il suo nome – raggruppa così saggisti e scrittori e chiede loro di riflettere sul cambiamento della vita negli ultimi decenni, raccontando il passaggio da un mondo conosciuto a un mondo che vediamo per la prima volta.
Come lo fa Bonacini, io narrante di Paolo Nori in questa sua opera?
Bonacini ha cinquant’anni e vuole scrivere un libro che riguarda un mondo “forte, vecchio, meccanico”, il mondo consegnatogli dal padre, rintracciando parole che ancora esistono senza però che ci sia più l’oggetto di riferimento.
Nori utilizza lo straniamento, tecnica per creare arte di cui si è fatto portavoce nel corso degli anni e dei suoi lavori, ovvero il guardare le cose come se fosse la prima volta, rallentandone il riconoscimento e l’automatismo delle azioni. Un libro apparentemente nostalgico ma che corrisponde invece a pieno all’intenzione della collana cui appartiene. Un’opera che fornisce aneddoti come immagini del mondo in cui viviamo – “un mondo dove io non so bene neanche dove andare a comprare i francobolli” – che descrive la mutazione in corso, dove le parole e le cose sono incerte come i nostri stati d’animo, ma dove la provvisorietà non deve essere necessariamente vissuta come negativa.
LA MANOMISSIONE DELLE PAROLE – Gianrico Carofiglio (Rizzoli)
Gianrico Carofiglio, magistrato, politico e scrittore, definisce questo saggio, uscito ormai da qualche anno, come una sorta di gioco, “un’antologia anarchica” in cui esamina e scompone le parole, ne cerca un senso, va alla scoperta del loro potere di produrre trasformazioni. E lo fa anche attraverso il ricorso a pagine di altri, sconfinando in aree diverse e accostando nomi inaspettati: Hannah Arendt, Paul Auster, ma anche Cicerone e Bob Dylan e Bob Marley. Carofiglio studia l’importanza delle parole, e quanto conti non solo la quantità ma soprattutto la qualità. Le parole creano la realtà, fanno e disfano le cose e perciò “è importante avere lucida consapevolezza dei sistemi che ne determinano il funzionamento, delle ragioni che ne producono il deterioramento”. Quando dico, faccio.
Gioca con cinque termini di uso comune, parte dall’analisi lessicale e arriva ad una disamina della situazione politica, senza esimersi dal giudizio: comincia con vergogna, e procede con giustizia, ribellione, bellezza, giungendo a scelta, parola che “ha numerosi sinonimi, ma nessun contrario”. Il libro si chiude con “Le parole del diritto”, breve capitolo in cui fa riferimento alle caratteristiche della terminologia giuridica, generalmente oscura e ridondante, e riportando l’esempio di un testo efficace ed elegante come la Costituzione Italiana, suggerisce ai giuristi meno pseudotecnicismi e rarità linguistiche: parole chiare e democratiche per tutti.
Un saggio breve per cogliere il significato e soprattutto il valore di parole che ogni giorno ci accompagnano, per riflettere sulla nostra capacità e libertà di scegliere.
LANGUAGE DESIGN – Yvonne Bindi (Apogeo)
Yvonne Bindi, architetto dell’informazione ed esperta di linguaggio e comunicazione, esamina in questo libro il rapporto tra parole e interazioni. Il cervello elabora in continuazione parole e produce risposte per raggiungere scopi o adeguare comportamenti alle regole del contesto. Le parole non solo descrivono ma creano pure la realtà; ecco allora perché, se non vengono inserite in maniera studiata in un particolare messaggio, diventano inutili. L’architettura dell’informazione ci consente di rendere le cose trovabili, di capirle e di poterle usare in modo opportuno.
“Si è parlato spesso di civiltà dell’immagine ma in effetti oggi siamo più che mai una civiltà della parola”, sostiene l’autrice, che continua, “d’altra parte, la distinzione stessa tra parola e immagine è tutt’altro che facile da tracciare, visto che le parole sono guardate prima ancora che lette”.
Il design è qui inteso come progettazione e realizzazione di interazioni, e dietro ogni interazione ci sono intenzioni, pianificazione, proiezione verso un risultato e le scelte materiali per raggiungerlo. Questo libro è un manuale fortemente suggerito a tutti i professionisti della comunicazione. Allo stesso tempo è talmente discorsivo e ricco di esempi da interessare tutti coloro che, pur operando in ambiti diversi, vogliano comprendere la produzione e interpretazione dei messaggi, imparando ad usare meglio questo “superpotere” che è la nostra lingua per rendere più efficaci annunci, presentazioni, post, email.