Ci sono momenti in cui la vita ti presenta il conto per il meraviglioso dono di averti messo al mondo, benché tu, pur scavando nella memoria, non ricordi di aver mai espresso cotanto desiderio, ma tant’è…
Poi ci sono persone care che sentono il peso della responsabilità di doverti salvare o, quantomeno, rincuorare e, forti della tua nota passione per la lettura, ti consigliano un libro che “senz’altro ti aiuterà”; e tu ti fidi: hai raccontato loro cosa stai vivendo e provando, avranno di certo capito e ciò che leggerai avrà senza ombra di dubbio un effetto consolatorio.
Eppure… un uragano violento ti scaraventa qua e là nel mare in tempesta. Ami il mare, ma non sempre il mare è pace.
Adori leggere, ma non sempre un libro è conforto.
Una cosa è un bagno rigenerante nell’acqua quieta di una baia del Sud, un’altra è essere lanciata in mezzo alla bufera rischiando di affogare mentre combatti contro cavalloni tumultuosi; un conto è sapere a quale libro stai per accostarti, un altro è trovarti di fronte a pagine alle quali affidi la tua vulnerabilità e… invece di ricevere le carezze tanto attese e di cui in quel momento hai bisogno, ti senti schiaffeggiare il cuore, come se la vita non ti avesse già mortificato abbastanza.
E anziché rasserenata ne esci devastata, poiché non era il libro giusto per te, perlomeno non lo era in quel momento: perché a volte serve tempo per elaborare, accettare e trovare la via giusta per affrontare quanto accaduto senza snaturarsi, e non si può lottare a comando per battaglie a cui non si è pronti; oppure perché il libro non ti è di alcuna consolazione e, anzi, non ti riconosci per niente in ciò che leggi e quel che più ti disarma è capire che quella cara persona che te l’ha regalato è così che ti vede, diversamente da come tu ti sei sempre impegnata a essere e nonostante i tuoi sforzi, evidentemente vani, per farti conoscere.
Ti accorgi così che qualcosa nella comunicazione non è andata come avrebbe dovuto e se hai la naturale propensione ad assumerti tutte le responsabilità degli eventi che ti coinvolgono, allora un po’ di esame di coscienza te lo fai, qualcosa dentro di te cambia, le domande aumentano esponenzialmente e le risposte diminuiscono in misura direttamente proporzionale.
E infine la consapevolezza: con i libri si può guarire, ma con quelli sbagliati ci si può anche ammalare.
Come per le medicine, a volte i libri dovrebbero essere “assunti dietro prescrizione”… ed è allora che comprendi davvero cosa intende Daniel Pennac quando dichiara che “un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”.
Da qui la mia scoperta di Accademia della Felicità, di Francesca Zampone e del suo corso di bookcoaching, tenuto a Torino all’inizio di quest’anno, da cui ho ricevuto finalmente alcune conferme: se maneggiati con cura i libri, nell’invito a partecipare a storie al di fuori di noi, paradossalmente hanno il potere di aiutarci a comprendere meglio noi stessi, la nostra vita e la realtà a cui apparteniamo, oltre che a trovare risposte celate chissà dove e che altrimenti non riusciremmo probabilmente a vedere.
Un libro può offrirci le parole corrette per definire meglio le nostre emozioni e i pensieri che non sempre abbiamo il coraggio di confessare; grazie a un libro abbiamo l’opportunità di sentirci meno soli e, soprattutto, non vittime esclusive di un destino beffardo; in un libro possiamo scoprire soluzioni e idee per ricostruirci il presente e progettare il futuro; insomma, in un libro possiamo riconoscere quell’amico fidato davanti al quale riusciremmo finalmente a metterci a nudo senza pudore o timore di essere giudicati e incompresi.
Sempre che si legga il libro giusto, appunto.
Ed è a questo che mi è servito il corso di bookcoaching, a imparare a ponderare bene la scelta del libro giusto per me e per gli altri; e dopo la prima lezione ero frastornata dalla sorpresa per l’approccio diverso al libro. Ma anche felice perché sentivo che non avrei voluto essere altrove se non lì.
Ingenuamente mi aspettavo la classica lezione frontale con una docente in cattedra e allievi diligenti a prendere appunti con più o meno interesse. Invece no. Francesca ha accolto ognuno di noi come se ci conoscesse da sempre, eravamo pochi va bene, ma la sensazione era che ci avrebbe dedicato la stessa attenzione anche se fossimo stati una platea numerosa. Si è raccontata con poche immagini significative e immediatamente, poi, ha passato la parola a noi per presentarci… attraverso i libri, con l’invito a mettere per iscritto le riflessioni scaturite dalle sue domande, che a ogni incontro si rinnovavano sulla base del tema scelto (relazioni sentimentali, lavoro, denaro, autostima, rapporti familiari). Domande di una banalità sconcertante, se solo ce le fossimo mai veramente poste prima, e dalle risposte liberatorie e illuminanti perché alla fine, rileggendo quanto scritto, mi ripetevo: “allora io sono questa… bè, pensavo peggio, per quanto qualche limatina qua e là…” e così via scoprendo aspetti di me che avevo un po’ messo nell’ombra o non osavo ammettere con me stessa, figuriamoci con gli altri. Al termine di ogni riflessione, arrivava da Francesca Z. il tanto desiderato consiglio, dettagliato e ben argomentato, dei libri da leggere per trovare un conforto se non addirittura una risposta.
E alla fine di ogni incontro il sorriso, “non sono strana… non solo io quantomeno”, e la voglia di misurarmi in tutto questo accogliendo con entusiasmo la proposta di creare un bookclub in stile bookcoaching al quale hanno aderito con il mio stesso trasporto anche Francesca G. e Silvia: tre donne con storie e personalità diverse, accomunate dall’amore per i libri e dalla fiducia nel loro potere e che non vediamo l’ora di condividere con chi vorrà partecipare al primo ciclo di bookcoaching a Torino dedicato al tema della vacanza e del viaggio, per il quale partiremo il 24 maggio.
Partite con noi?