Non è certo la prima volta, specie negli ultimi anni, che una produzione televisiva trae ispirazione dal cinema, mai era successo però che una serie tv incarnasse una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti della settima arte, affidandosi al ritratto di due Divine della storia del cinema, Bette Davis e Joan Crawford.
Sto parlando, per chi non lo sapesse e non fosse già stato folgorato dalla sua bellezza, della prima stagione di “FEUD”, nuovo ambizioso progetto di Ryan Murphy, uno degli autori più iconoclasti della tv americana, responsabile, possiamo dirlo, di serie molto caratterizzate quali “Nip/Tuck”, “Glee” e “American Horror Story”.
Con questa nuova serie Murphy ha deciso di ritrarre e analizzare alcune delle rivalità più famose della storia, o almeno dei rotocalchi, e dopo gli scontri ad alto tasso camp tra Bette Davis e Joan Crawford di questa prima serie appena andata in onda, toccherà alla difficile relazione tra Carlo d’Inghilterra e Diana Spencer finire sotto i riflettori nella seconda serie.
Ma partiamo dallo splendido ritratto dedicato a due delle attrici più famose della storia del cinema, Bette Davis e Joan Crawford appunto.
Il racconto del serial si svolge a partire dalla loro prima collaborazione su un set, nel film culto “Che fine ha fatto Baby Jane?” di Robert Aldritch, nato pare da un’idea della stessa Crawford, che, non riuscendo più a raccogliere successi al botteghino da tempo, decide di trovare una storia adatta a cavalcare il successo di Psycho, un mega hit all’inizio degli anni 60, e tutto il filone pseudo horror ritenuto fino a quel momento di serie B in cui anche i grandi studios hanno deciso di investire.
Naturalmente, per essere sicura del successo del film, la divina Crawford ha bisogno di una coprotagonista alla sua altezza, in quanto a fama e fascino, e chi meglio di Bette Davis, anche lei cinquantenne star di Hollywood alla ricerca di un successo per rinverdire i fasti della propria celebrità ormai opacizzata?
Nel corso di otto splendide puntate le due star sviluppano un’accesa rivalità fondata in parte su pregiudizi nei confronti dell’altra, sull’invidia da parte della Crawford nei confronti di una più talentuosa Davis e sull’orgoglio della passionale Davis a fronte dei dispetti messi a segno dalla Crawford per minarne la sua sicurezza.
Soprattutto, però, lo scontro tra le due dive viene fomentato dal potere patriarcale che domina Hollywood in quegli anni, in cui registi, scrittori e produttori, sono praticamente tutti uomini.
Jack Warner, uno degli ultimi grandi Mogul delle major hollywoodiane, è il produttore del film che fa lavorare insieme le divine per la prima volta, ed è proprio lui ad usare ogni mezzo per alimentare la loro rivalità, allo scopo ovviamente di promuovere il film utilizzando i quotidiani scandalistici e le riviste di gossip, che sguazzano nel torbido degli insulti che le due star si lanciano tra un ciak e l’altro.
Purtroppo, oltre alla manipolazione di due donne la cui debolezza sta nel rifiuto di accettare il tempo che passa, intorno a loro osserviamo altri personaggi che cesellano il ritratto di una società, e in particolare un ambiente, prettamente maschilista, dove alle donne non è concesso uscire dai pochi ruoli che sono stati loro assegnati dagli uomini, come quello di desiderate stelle del cinema oppure quello di frivole giornaliste alla ricerca dell’ultimo pettegolezzo da dare in pasto alle avide lettrici.
Il ritratto sociale è sicuramente uno dei punti di forza della serie, in cui lo stato di grazia è raggiunto soprattutto grazie a un casting particolarmente riuscito, e non poteva essere altrimenti visto che nel ruolo delle due star sono state chiamate due divine contemporanee, Susan Sarandon nel ruolo di Bette Davis e Jessica Lange nel ruolo di Joan Crawford.
La loro aderenza ai personaggi è straordinaria ed è sorretta da una scrittura all’altezza della loro bravura e intelligenza, con battute indimenticabili e un livello di camp stratosferico, per la gioia di vecchi e nuovi fans delle stelle del cinema.
Jessica Lange ritrae la decadente Joan Crawford con una sensibilità ed una capacità di cambiare registro dal pacato all’irascibile in un battito di ciglia finte che rasenta l’incredibile.
La Sarandon mantiene inalterato il piglio e l’orgoglio di un’attrice di enorme talento, qual era Bette Davis, disposta a tutto pur di far continuare a brillare la sua stella nel firmamento di Hollywood, persino ad accettare piccoli ruoli in tv, in serie televisive di successo come Perry Mason o in show di varietà dove si presta a scimmiottare i suoi ruoli cinematografici, senza mai perdere la dignità di grande artista.
In questo corto circuito di cinema e tv, non passano inosservati tutti i ruoli minori, che splendono di vita propria in molte scene della serie, il già citato Jack Warner interpretato dal grandioso Stanley Tucci, l’ottimo Alfred Molina nel ruolo di Robert Aldritch, la nevrotica Judy Davis nel ruolo di Hedda Hopper, malefica regina del gossip dell’epoca, la splendida Catherine Zeta Jones nel ruolo dell’altezzosa Olivia de Havilland e Jackie Hoffman, attrice non molto conosciuta, la quale però rifulge nel ruolo di Mamacita.
Mamacita, la governante tutto fare di Joan Crawford, è forse il personaggio chiave della serie, l’unico che rappresenta una voce fuori dal coro che, con le sue frasi e il suo buon senso, cerca di riportare tutto ciò a cui assistiamo nei parametri rigorosi della logica e della normalità, due elementi che, fortunatamente per noi, sono completamente assenti nel mondo del cinema, ora come allora.