Luglio per me è una porta aperta verso una strada (lunga, lunghissima!) in direzione mare. Così, per conciliare la mia predisposizione d’animo, ho cercato qualche racconto che parlasse di mare e tra gli altri ho scoperto Il Colombre di Dino Buzzati. Per chi, come me fino a qualche giorno fa, ancora non lo conoscesse ne racconto la trama.
Al suo dodicesimo compleanno Stefano chiese al padre, capitano e proprietario di un veliero, di poter far parte dell’equipaggio almeno per quel giorno. Venne accontentato e curiosava entusiasta in giro, fino a quando qualcosa di misterioso in mare non attirò la sua attenzione: una cosa che spuntava a intermittenza in superficie, a distanza di due-trecento metri, in corrispondenza della scia della nave … E, sebbene egli non ne comprendesse la natura, aveva qualcosa di indefinibile, che lo attraeva intensamente. Quando Stefano raccontò al padre di quel che vedeva questi si spaventò e lo mise in guardia: “Io adesso temo per te. Quella cosa che tu vedi spuntare dalle acque e che ci segue, non è una cosa. Quello è un colombre … È uno squalo tremendo e misterioso, piú astuto dell’uomo. Per motivi che forse nessuno saprà mai, sceglie la sua vittima, e quando l’ha scelta la insegue per anni e anni, per una intera vita, finché è riuscito a divorarla. E lo strano è questo: che nessuno riesce a scorgerlo se non la vittima stessa e le persone del suo stesso sangue”. Così il padre distolse Stefano dal seguire le sue orme e lo invitò a studiare e a dedicarsi ad altre attività. Tuttavia, nonostante il passar del tempo e la distanza enorme che il ragazzo aveva messo tra lui e il luogo del primo avvistamento del colombre, ogniqualvolta si avvicinava alla costa di qualsiasi mare, scorgeva da lontano il “mostro” che lo attendeva al varco. Sebbene si fosse costruito una vita appagante, il pensiero del colombre lo attirava come un canto delle sirene e, alla morte del padre, Stefano decise di rischiare e di ritornare in mare prendendo il posto del genitore, dimostrando ottime qualità marinare, ampliando la sua attività con successo.
Poiché il colombre non rinunciava a seguirlo e, nonostante le ripetute raccomandazioni degli altri marinai a starne alla larga perché avrebbe portato solo guai, un giorno Stefano, oramai diventato vecchio e prossimo alla fine dei suoi giorni, decise di armarsi di arpione e coraggio per affrontare il “nemico”. Da questi sorprendentemente, però, ricevette un regalo inaspettato: la famosa Perla del Mare che dà, a chi la possiede, fortuna, potenza, amore e pace dell’animo. Ma era ormai troppo tardi.
Fa effetto, vero? Il colombre altro non è che l’incarnazione delle nostre paure, che a volte vogliamo rifuggire per timore che da loro possano scaturire solo disgrazie rovinose. Spesso, però, è proprio da lì che riceviamo la famosa Perla del Mare che dà, a chi la possiede, fortuna, potenza, amore e pace dell’animo.
Mi domando quante volte io abbia preferito fuggire dal mio colombre e rinunciato alle opportunità che altrimenti mi sarebbero state offerte; e quante volte, invece, io abbia deciso di sfidare il “mostro” e accogliere la Perla del Mare. Non potrò mai sapere cosa mi sono persa nella vita, ma so cosa ho conquistato decidendo di affrontare le mie paure e, lo garantisco, probabilmente non avrei potuto ricevere dono più prezioso!
Ho però delle domande: quanto ha influito, sulla decisione di Stefano, la cosiddetta “tradizione”? Quanto l’atteggiamento del “si è sempre fatto e pensato così” lo ha protetto o gli ha impedito di affrontare sin da subito l’ignoto dal quale si è sempre sentito tanto attratto? Se avesse osato “ribellarsi” alla consuetudine, come sarebbe stata la sua vita? Io una risposta me la sono data, ma è giusto che ognuno si dia la propria.
Mi congedo, dunque, con questo quesito. Buona estate a tutti. Quando sarò in acqua, se dovessi avvistare una cosa che spunta ad intermittenza, a due-trecento metri da me, spero di riconoscere non uno squalo ma il mio colombre. Lo auguro anche a voi, che andiate al mare o meno… sono convinta che esistano anche colombri di terra!
La ringrazio della condivisione di una storia tanto interessante e del consiglio di lettura a cui sono arrivata cercando articoli sul Coaching. E’ importante imparare a pensare in maniera autonoma, rifuggendo quei cliché culturali che ci accompagnano fin da bambini e che non mettiamo in discussione perché diamo per buono che siano validi o, addirittura, che si tratti di un nostro pensiero autonomo. Ognuno è un individuo a sé, che fa le proprie scelte e segue un proprio percorso, e, anche a costo di fare degli errori, bisogna quantomeno provare a riflettere su quanto impariamo dagli altri, perché non sempre un’esperienza diffusa è universalmente valida.