UNA VOLPE NELLA NEVE – un post sul cambiamento pieno di rivelazioni, magari prima di leggerlo bevetevi un cordiale

 

Questa mattina dovevo andare a Domodossola da mia madre, ma nevicava troppo lassù e così mi sono svegliata presto in ogni caso e dedicata alla lettura di alcuni blog che seguo.

In modo totalmente serendipico mi sono imbattuta in QUESTO articolo e mi sono venute in mente un sacco di persone che conosco e quindi l’ho postato sulla mia pagina FB personale, ha avuto un sacco di successo ed ha scatenato un po’ di dibattito per cui ho deciso di dare il mio punto di vista approfondito con un post che parli della paura di cambiare in particolare della paura di lasciare un lavoro certo, ma non particolarmente amato per uno che è la nostra passione, ma allo stesso tempo non ci dà nessuna garanzia.

A me l’articolo è piaciuto molto e trovo che faccia una analisi accurata di quello che si prova sia mentre si sta decidendo il cambiamento che dopo, una premessa però è doverosa: questo articolo è dedicato a tutte le persone che stanno facendo un lavoro “normale, aziendale”, ma che non si sentono a posto, che vogliono qualcosa di più e che magari lo hanno già individuato in una nuova attività imprenditoriale o di free lance. Lo hanno individuato ma non osano fare il grande passo.

Quando ho postato l’articolo questa mattina ho ricevuto questo commento (editato) di Paola:

“vivo esattamente lo stesso tipo di strappo. Nel mio caso il punto è : fino a che punto il sogno tiene al riparo dalle ansie? E se non può, come temo, farlo… allora non c’è il rischio di passare da insoddisfazione a tormento? Però sì, il sogno preme, accelera, e io scalpito.”

La mia risposta:

“Paola il tuo commento e’ ineccepibile e farò un post, ma ti faccio uno spoilerone subito: il sogno NON sarà mai non ansiogeno…la cosa bella è che poi la tieni a bada o poi te ne dimentichi o poi ci sono giorni perfetti che al lavoro “di prima” non capitavano MAI!”

Ecco questa è la prima cosa che mi sento di dire a tutti: NON PENSATE MAI DI FARE UN PASSO COME QUESTO E DI STARE TRANQUILLI perché tranquilli non sarete mai più, ma imparerete a conviverci, a domare l’ansia, a dimenticarvi a volte della responsabilità che vi siete dati e a dimenticarvi della paura di fallire.

Dal post di A Gipsy in the Kitchen:

Quello che mi fa paura più di tutto è il giudizio di chi amo di più: la mia famiglia.

Mi sento molto sola in questo, perché so che il mio prendere una certa decisione, andrà irrimediabilmente contro quello che la mia famiglia si era immaginata per me. Sono cresciuta a pane e sensi di colpa, quindi non è facile liberarsi di un tale fardello.

La posta in gioco è alta: e se fallisco? Non crolla il mondo, certo che no, ma irrimediabilmente ci saranno rinunce da fare, nuovi equilibri da costruire.

Ecco questa cosa di quello che penseranno i nostri genitori è tutta italiana, ma ci siamo passati e ci passiamo tutti: a un certo punto nel 2011 mi sono accorta che lo scollamento tra quello che volevo e potevo fare per gli altri come coach e quello che facevo come Responsabile Risorse Umane era troppo e ho deciso di fare quello che tutti sapete.

Quello che tutti non sapete è che quando ho finalmente trovato il coraggio di dirlo a mia madre, la risposta è stata “Francesca mi hai deluso tantissimo avevi un bel lavoro ed un hobby remunerativo adesso non credo che riuscirai a mantenerti con il tuo hobby” insomma per lei fare coaching poteva solo essere un hobby e non un lavoro VERO. La sua risposta mi ha fatto molto soffrire, ma non mi sono data per vinta e ho proseguito, prima di tutto perché avevo e ho fiducia nelle mie capacità e poi perché la “doppia vita” era davvero insostenibile.

Fast forward 4 anni dopo: ADF è viva e prolifica, ma la mamma del mio compagno a fine dicembre pensando che non sentissi gli ha detto che il mio non può essere un lavoro, che io gioco, che questa cosa della felicità è solo un gioco, che non può essere un lavoro. Quando mi vede a me non lo dice, ma mi dice di mettere la testa a posto e di trovarmi un lavoro VERO, sono ormai 4 anni che me lo sento dire. Non è bello, mi fa stare male, ma vado avanti, perché? Perché nonostante tutto penso che il mio lavoro sia vero ed impegnativo e che serve ad un sacco di persone.

MORALE:

Non aspettatevi l’approvazione dei vostri famigliari, per una questione culturale questi per loro non sono LAVORI VERI punto. E non lo saranno mai. Quindi fatelo e sceglietelo ogni giorno sapendo che andrà così.

Se invece i vostri famigliari sono d’accordo con voi accendete un cero alla Madonna e proseguite.

 

Sempre dal blog di Gipsy:

Free lance – lancio libero. Che buffa coincidenza di giochi di parole.Cosa vuol dire essere free lance? Vorrà sicuramente  dire rinunciare a piccoli agi che erano considerati basilari fino ad ora: i taxi, la manicure e la pedicure tutte le settimane, il parrucchiere per essere sempre perfetta. L’abito in più come sfizio. Il non badare troppo al prezzo quando si riempie il carrello. Il riscaldamento alto in casa perché ho sempre freddo. Lo spreco quindi verrà decisamente abolito – non male sotto questa prospettiva…si, vero, ma nella realtà dei fatti, saprò reggere tale cambiamento? Siamo sicuramente anche abili adattatrici. Bisognerà imparare la valorizzazione. Bisognerà imparare a non essere più addicted al correre, piuttosto imparare a vivere.

 

Premesso che per molti manicure e pedicure sono un vero lusso e non un piccolo piacere, sottoscrivo anche questa parte.

Io mani/piedi settimanali non ne ho mai fatte per indole, ma me lo potevo permettere.

Potevo volendo entrare in qualunque negozio di parrucchieria del centro di Milano e dire “fatemi un gloss” senza guardare il prezzo perché tanto pagava la carta, potevo entrare in un negozio e decidere di comprare una borsa da 200 euro così subito senza neanche pensarci, potevo andare in libreria e spendere 100 euro di libri alla volta, potevo uscire a pranzo dove volevo e invitare tutti, facevo regali, facevo la spesa all’Esselunga senza guardare i prezzi…prenotavo voli per Londra come fossero un chilo di mele e potrei andare avanti.

Ecco tutto questo non capita più, già da un po’, vorrei che presto ricapitasse almeno in parte, ma al momento non capita  E NON SONO MORTA.

Ecco è su questo che vorrei focalizzarmi, ADF non è mai stata creata per farci un sacco di soldi, ma per fare felici un sacco di persone e per dare a Marco e me un futuro professionale COME LO DESIDERAVAMO e non COME ERAVAMO OBBLIGATI A VIVERLO.

Quindi oggi no non ho i capelli glossy glossy, né una bella borsa da anni (oh quanto mi manca una bella borsa, magari fate una colletta? Nera o rossa di pelle e grande grazie!) e se esco a cena è perché il mio fidanzato o qualcun altro offre, ma non sono morta sono viva e vegeta.

La mia mattinata è iniziata con due autori che volevano presentare un libro, blogger che vogliono collaborare, eventi da organizzare, cose belle da scrivere, cose belle da leggere, lavoro ascoltando Florence the Machine o i Diaframma o i New Order o Nina Zilli e non potrei più rinunciare a tutto questo.

Per la parte economica devo dire che il mio compagno è un po’ stufo, ci sono state anche delle litigate.

Per lui la differenza fra il prima ed il dopo è stata pesante, non vede l’ora di tornare ad avere una donna che prenota voli per Londra il mercoledì per il venerdì, che lo porta fuori a cena o che fa la spesa all’Esselunga con la grandeur di prima e onestamente gli auguro e mi auguro che capiti presto, ma non è questa la parte fondamentale.

Dal blog di A Gipsy

Di questo elenco, su un piano da 1 a 10, di cosa quindi ho realmente bisogno?

Ecco questa è la domanda a cui davvero dobbiamo rispondere: la famiglia non ci approverà, i soldi – almeno per un po’ – saranno di meno, ma io di cosa ho bisogno?

Di ridere al lavoro

Di gestire i miei tempi

Di portare avanti progetti colti ed interessanti

E poi se arrivano ci sono l’approvazione dei miei cari ed uno stipendio equiparato

Più di una persona mi ha detto (e vi dirà) che la mia è stata una scelta egoistica

Io dico che per una volta ho detto e continuo a dire SI A ME e NO AGLI ALTRI

E VOI?

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