Nella maggior parte degli ambienti di lavoro la musica non è la benvenuta perché è considerata una fonte di distrazione. È davvero così?
È più probabile che distraggano il vocio che regna sovrano nell’open space, il rumore della macchinetta del caffè o del lancia-merendine o ancora il rumore proveniente dalla strada o l’incessante squillare del telefono, per non parlare del trillo dei messaggi whatsapp.
Tempo fa avevo letto un articolo in cui si sosteneva che il rumore influenza il cervello nelle svariate e incessanti attività di elaborazione. L’analisi si concentrava sul tipo e sull’intensità di rumore.
Il rumore di fondo, per avere un certo effetto, si leggeva, deve essere quello giusto: troppo alto disturba e distrae – troppo poco non è sufficientemente stimolante. Anche in questo caso, è tutta una questione di equilibrio.
A prescindere dal numero di decibel ideali, è certo che il silenzio (che poi trattasi evidentemente di falso silenzio) non sia proficuo, soprattutto al lavoro.
Il rumore che a me interessa, particolarmente, come sempre è la musica.
La musica in ambienti “stressogeni” come quello lavorativo può aiutare a migliorare l’umore, combattere lo stress e favorire il ragionamento, con un’adeguata e direi personale regolazione del volume. Si sostiene, infatti, che il volume elevato sia in grado di annullare tutti i benefici, finendo per essere controproducente e fattore di disturbo, in quanto percepito come rumore (n.d.r. nel mio caso, il volume elevato, invece, mi consente di creare una bolla protettiva e di isolarmi da tutto il resto).
A prescindere dal volume, direi che rilevante sia l’ascolto di canzoni familiari, prevedibili che non portino a distrarsi per distogliere l’attenzione dalle proprie attività lavorative per dirottarla sulle nuove strofe.
E sul genere?
Potremmo pensare alla musica classica per ridurre lo stato d’ansia in ambienti fortemente competitivi, alla musica elettronica per i lavori poco stimolanti e ripetitivi, a quella post-punk per gli avvocati come me che devono predisporre durissime difese per non parlare degli attacchi. Osate pure con la musica trap o rap, se ci riuscite e se volete essere sempre al passo con il tempo.
Infatti, la scelta di cosa ascoltare non è banale.
Basti pensare che da uno studio è emerso che l’ascolto delle sonate di Mozart rispetto all’ascolto di Albinoni produce differenze sostanziali con riferimento all’eccitamento e all’umore. Mozart procurava maggiore godimento, Albinoni tendenzialmente faceva registrare un aumento di umore negativo.
In altre parole, è tutta una questione di affinità, di familiarità.
In questo periodo, ad esempio, al lavoro non potrei fare a meno dell’album (grande classico) 1996 Live in Milano di Ryuichi Sakamoto, oppure All Melody di Nils Frahm, o ancora Wanderer di Cat Power (album nuovissimo che è già diventato famiglia per me)… Nei momenti più duri torno sempre ad Adore delle Savages perché sono convinta che il post-punk ci salvi anche dallo stress da lavoro.
Voi, invece, fate lavorare la musica con voi?