Soffrire di paragonite

Ad aprile di quest’anno ho iniziato un percorso di personal branding, con lo scopo di identificare e definire che tipo di coach voglio essere e per ragionare sul modo di presentarmi online. Quando ho dovuto fare l’esercizio di scrivere l’about page di un mio ipotetico sito web che ancora non esiste, ho cercato spunti e idee leggendo le pagine di altre coach che stimo. Risultato? Ho avuto un bell’attacco di paragonite, con tanto di svarioni, sudori freddi, vampate e calo dell’autostima.

Definizione, sintomi e conseguenze della paragonite

Nel mio lessico personale la paragonite è una patologia, inventata di sana pianta, che indica quel processo involontario e irrefrenabile che mi porta a paragonarmi agli altri, a confrontare la mia vita e il mio percorso con quelli di persone che, secondo il mio parere insindacabile, sono più brillanti e fighe di me, uscendone puntualmente a pezzi. I sintomi possono essere vari, da un malumore diffuso a un senso di scoraggiamento generale, fino alla somatizzazione. Molto dipende dall’intensità dell’attacco. Ho una particolare propensione per la paragonite, sono quello che si definisce un “soggetto sensibile”.  Quando mi prende in forma lieve, questo malessere ha la sua manifestazione in pensieri passeggeri che attraversano la mia mente e che riesco facilmente a scacciare con contro-pensieri positivi e costruttivi. Ma quando ho la paragonite acuta, c’è poco da fare: mi costruisco una specie di bozzolo repellente, composto da pensieri svalutativi e auto-sabotanti, che generano malumore diffuso e incazzatura facile. E la cosa peggiore è che si vede anche dall’esterno, come un’aura sinistra che dice “scansati” e invita il mio prossimo a non avvicinarsi troppo.

Cause della paragonite

Sull’eziologia della mia paragonite ho condotto diversi studi (poco scientifici, va detto) e sono giunta alla conclusione che la causa scatenante sia una profonda mancanza di fiducia in me stessa e nelle mie capacità. Questa carenza provoca poi una reazione a catena, che viene scatenata dalla presenza – reale o virtuale – di individui di indubbio valore, con i quali mi scatta il confronto, una pulsione tanto incontrollabile quanto malsana.

Effetti collaterali della paragonite

Avere la paragonite è un po’ come avere un virus in forma latente: si manifesta quando l’organismo è sottoposto alle “giuste” sollecitazioni. Questo comporta che io viva in un continuo stato di competizione unilaterale con gli altri, condizione debilitante sul lungo periodo. Le informazioni che arrivano al mio cervello sono: mi manca qualcosa, non sono abbastanza brava (o preparata, competente e vari altri aggettivi adatti alle differenti occasioni), non ci riuscirò mai, e via discorrendo. Mirare a un improbabile ideale di perfezione fa sì che io sperimenti una sensazione di inadeguatezza costante che il confronto forzato con gli altri rende ancora più insopportabile. Ma è anche un alibi per giustificare la sconfitta e rimanere nella zona di comfort: non ci provo neanche perché tanto c’è chi è più bravo (competente, preparato eccetera) di me. È un circolo vizioso:

non sono abbastanza brava → non ci provo perché tizia è più brava di me → mi sento frustrata e derelitta → non c’è nessuno più infelice di me (altro paragone)

Rimedi e cure contro la paragonite

Si guarisce dalla paragonite? Certo che no. Però si può imparare a conviverci, attenuando i sintomi e rendendo gli attacchi, quando si presentano, più lievi sia in termini di intensità che di durata. Soffri anche tu di paragonite? Come esperta in materia, posso fornirti i miei rimedi per superare indenni (o non troppo malconci) gli attacchi acuti.

  1. Il rimedio per eccellenza è: rafforza la tua autostima. Banale, vero? Eppure, proprio come il rimedio della nonna, funziona sempre e senza eccezioni. Sì, ma in pratica, come si fa? Per questo non esiste una ricetta sicura e universale ma ciascuno tara la sua in base al proprio funzionamento. Parti da te, riconosciti degli aspetti positivi. Hai mai provato a fare liste? Ecco, fai una lista di almeno 10 aspetti che ti piacciono di te, in ordine sparso, e comincia da quelli a valorizzarti, cioè a darti valore. Un proverbio delle mie parti suona più o meno così: “nessuno ti dice: lavati la faccia ché sei più bello di me”. Se non lo fai tu, nessun altro lo farà al tuo posto. E comunque sappi che è uno sforzo continuo che tende all’infinito: man mano che il virus della paragonite diventa più coriaceo e resistente, anche l’autostima va rafforzata di conseguenza.
  2. Metti una controtendenza e trasforma le pietre di paragone in icone di ispirazione. Ti sembra che quella persona sia “più (aggettivo a scelta)” di te in qualche campo? Chiediti cosa ammiri in lei e in cosa ti piacerebbe assomigliarle. Si tratta di acquisire delle competenze? Ti colpisce il suo stile? La sua sicurezza di sé ti lascia a bocca aperta? Una volta stabilite le caratteristiche a cui ispirarti, metti a punto un piano d’azione per acquisirle anche tu. L’obiezione – lo so – è che le caratteristiche che ti piacciono sono peculiari di quella persona, non si possono imitare. Sicuro, sicuro? Prova a leggere Ruba come un artista di Austin Kleon e poi ne riparliamo.
  3. Focalizzati sulle tue caratteristiche uniche. Hai ragione, è la solita solfa: sei unico, inimitabile, fai la differenza e bla bla bleah! Messi da parte i cliché, concentrati su ciò che hai, anziché su ciò che manca. Sì, è sempre la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, vecchia come il cucco. Ok, forse non hai 10 lauree e 7 master come quella lì (nooo, non sto attingendo da esempi personali!) però c’è sicuramente un valore aggiunto che tu e non un’altra persona può portare in un contesto simile a quello che ha generato il confronto. Avvertenza: l’opzione bicchiere vuoto non è contemplata (vedi punto 1).
  4. Se proprio non riesci a trovare niente di buono in te, chiedi un feedback. Conosci l’esercizio “feedback 360°”? Viene molto usato nelle Risorse Umane delle aziende ma puoi applicarlo con molta soddisfazione alla tua quotidianità. Seleziona 10-12 persone che conosci a vario livello (evita i familiari stretti), quindi colleghi di lavoro, amici, negozianti di fiducia, e invia loro un’email chiedendo di indicarti: 3 tuoi punti di forza, 3 tuoi punti di debolezza e come puoi fare per migliorare. Molto spesso siamo così dentro noi stessi da non riuscire a vedere davvero le nostre peculiarità. L’occhio esterno è molto efficace. Inoltre, il rapporto che ti lega a queste persone, per quanto poco stretto, ti garantirà feedback gentili e sinceri, mai giudicanti. Ti sorprenderà (e scommetto in positivo) scoprire l’impressione che lasci nelle persone, anche in quelle che ti conoscono poco.
  5. Viviti il periodo di incubazione. Questo rimedio è utile in molte occasioni. Non resistere, accetta lo sfogo del tuo lato ombra e attendi che gli anticorpi si attivino e facciano il loro sporco lavoro. Al termine della crisi acuta, la tua autostima sarà stata “costretta” a darsi una botta de vita per fronteggiare l’attacco del virus. E ne uscirà rigenerata e corroborata. L’importante è non farsi trascinare nella spirale senza fondo della negatività. Insomma, prenditi un tempo per star male, poi basta piangersi addosso.

E com’è finito il mio ultimo attacco di paragonite acuta? Mi sono “goduta” i mal di pancia e lo scazzo generale ma poi ho smesso di leggere about page altrui e ne ho scritta una che spacca (magari i maroni, ma tant’è). Inoltre, è stata l’occasione per porre davvero l’attenzione su di me e sul mio approccio al coaching. Il lavoro è ancora in fieri ma sono contenta di ciò che sta emergendo. Si tratta, anche questa volta, di trovare la mia voce, che avrà un timbro e una modulazione diversi da quelle degli altri. E non perché sia migliore, semplicemente perché è mia.

Una curiosità: ho scoperto che il termine paragonite esiste davvero e indica un tipo di minerale dal colore giallognolo o verdastro. Anche se non sono un’esperta di supereroi, l’associazione con la kryptonite di Superman è stata immediata. D’ora in poi penserò alla paragonite come a una pietra che mi indebolisce e che è pericolosa per la mia sopravvivenza. Del resto, sono anch’io un supereroe: sono SuperMe!

Giovanna Martiniello

Autore: Giovanna Martiniello

Sono un’introversa ipersensibile con la passione per le storie. Ho l'inquietudine tipica di chi è vissuto a lungo su un suolo vulcanico. Vivo in collina ma non potrei stare senza la città. Nel 2017 ho frequentato il Master in Coaching di Accademia della Felicità, ho mollato il posto fisso e mi sono abilitata come coach. Mi occupo di scrittura autobiografica per la comunicazione, integrando la metodologia del coaching nelle mie competenze di scrittura.

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  • Ma concentrasi su se stessi non porta ad autoescludersi? Poi a sentirsi esclusi e a stare male perché si è soli, almeno cosi mi succede.

    • Ciao Gino,
      concentrarsi su di sé in questo contesto significa smettere di guardare fuori e dare valore alle proprie caratteristiche uniche. Che è diverso da rinunciare a migliorarsi, è piuttosto un atto di consapevolezza preliminare. È riuscire a valutarsi nel modo il più possibile oggettivo: se è vero che ci sono margini di miglioramento – e ce ne sono sempre – è altrettanto vero che ciascuno di noi ha anche dei lati positivi, chiamiamole qualità, o risorse.
      La consapevolezza è sempre un atto individuale, anche quando le cose ci vengono fatte notare dall’esterno. Fatto questo passo preliminare, possiamo relazionarci con gli altri con una maggiore cognizione di noi, limitando quindi gli effetti del paragone.
      Non possiamo prescindere, in ogni caso, dalla relazione con gli altri. Per questo è importante riuscire a fare in modo che questa relazione sia il più possibile alla pari. Sottrarsi al confronto costruttivo non ci fa bene, porta all’isolamento. Ecco perché vale la pena riflettere sui nostri punti di forza e valorizzarli, anziché guardare sempre le cose di noi che non ci piacciono.