Sarà che mi sto avvicinando con inesorabilità e a volte troppo scarsa coscienza alla soglia dei 50 anni, sarà che il 2020 fin qui è stato un tosto anno violento che non ci ha guardato in faccia, che non ha esitato un momento nel tagliare via la nostra primavera, ma è già da qualche tempo che ho iniziato a interrogarmi su che cosa dia senso alla vita, a come e dove cercare il proprio-mio-nostro personale senso della vita e a ricostruirlo da zero quando si senta, ciclicamente, di averlo perduto.
Non riesco a rinunciare a percepirmi e a percepire l’Uomo come un animale curioso fino a essere impudente, che ha la benedizione di avere la capacità cognitiva di riflettere sul significato e di dare un senso al suo mondo e la maledizione di rischiare costantemente per questo di essere travolto dall’ansia esistenziale.
Ecco, in questo periodo sto sperimentando, come fosse quel momento di transizione che forse è, la tremenda quanto inevitabile sofferenza del pensiero riflessivo, la concretezza dell’idea che la bellezza e la tragicità della vita stiano nell’essere animali consapevoli, con un senso teleologico che non possiamo ignorare né ingannare.
E, naturalmente, a questo si affianca l’esame del mio passato, il senso stesso del passato e delle proprie radici, della continuità, quasi un ripercorrere la strada a ritroso, con la mente, fino a raggiungere il punto in cui tutto è nato: all’origine di tutto c’è una narrazione ed è lì che c’è l’ispirazione, la validazione di una storia che mi dia un pizzico di comprensione in più.
Invecchiando diventa più difficile accontentarsi di una birra con gli amici, diventiamo più severi e pretendiamo di più, vogliamo risposte intelligenti e sagge, dialoghi profondi, ma forse siamo anche più inclini alla commozione e ad apprezzare con maggiore intensità quei momenti che ci tolgono davvero il fiato, chissà, ed io certamente ho la fortuna di essere qui, a cercare e a sperimentare saltuariamente la rotonda pienezza della maturità.
Il senso della vita
Certo, ognuno ha la propria narrazione sul senso della vita, sulla propria percezione, e la mia è da sempre “eroica”, fatta di forti passioni, di profondo coinvolgimento, di vite come quella di Ayrton Senna, colui che muore facendo quello che ama, certamente combattendo per ottenerlo, e chi muore avendo realizzato quello che desiderava o, con umiltà, liberando gli scozzesi dalla dominazione inglese o più semplicemente salvando il pianeta dalla collisione con una meteora.
Quando hai questi modelli, che cosa può veramente essere soddisfacente, bastarti?
Questa è comunque l’ambizione: creare una narrazione coerente sulla mia esistenza e trovare un significato all’interno di quella narrazione, arricchirlo di contenuti con costanza e sapere che il personale senso della vita non è una caratteristica stabile ma piuttosto un’esperienza transitoria, che varia durante il cammino e in situazioni specifiche, quando sentiamo il bisogno di un cambiamento, o quando è la vita stessa a portarci oltre la soglia di un cambiamento, ad esempio mettendoci di fronte alla morte di un genitore o di una persona importante.
E quindi ho cercato, e sto cercando, e credo che continuerò a cercare e a mettere mattoncino su mattoncino, semplicemente perché questa è la vera sfida dell’esistenza, il vero Alfa e Omega, perché, come insegnava Platone, “La vita non esaminata non è degna di essere vissuta”.
Ecco dunque le fonti della percezione di senso, in ordine più o meno sparso, per come ad oggi le ho incontrate e le posso percepire e comprendere, divise non arbitrariamente in due aree, quella dell’Essere e quella del Fare.
Area dell’Essere
- Auto-accettazione: saper esprimere sé stessi, cercare la propria autenticità, vivere secondo i propri valori e avere coraggio. Essere e sentirsi competenti, coerenti e consistenti nel proprio ruolo e sentire dentro di sé che queste non sono solo vuote affermazioni o wishful thinking: cercare la propria approvazione, non essere nutriti dall’estemporanea acclamazione degli altri. Sapersi autonomi e in grado di scegliere la propria direzione. Sentirsi radicati e centrati, in sintonia con la vita e connessi con sé stessi. Difficilmente il contrario di tutto questo ci condurrà a sperimentare una profonda sensazione di significato e di gratificazione. Questo processo invece, inevitabilmente, produrrà profonda e forse proficua nostalgia, perché nel nostro passato c’è emozione, c’è dolore, c’è materiale puro ed autentico da cui poter trarre la nostra verità.
- Auto-trascendenza: ogni uomo ha bisogno e trae significato dal sentirsi parte integrante di un Sistema che lo comprende e lo trascende. Sostengo qui il valore etico e formativo della lettura di Viktor Frankl, modello per chiunque sia un cercatore di senso e maestro di eccezionale statura per chi abbia bisogno di essere accompagnato in un momento di inevitabile sofferenza.
Area del Fare
- Autorealizzazione: crescita personale, realizzare il nostro potenziale interiore. Perseguire obiettivi in linea con le nostre passioni perché, citando Tolstoj, “È possibile vivere solo finché la vita ci inebria”. Lottare per la conquista di mete significative per noi, ricercare la realizzazione di obiettivi ambiziosi. Aiutare gli altri come fonte di gratificazione particolarmente edificante: nutrire con riflessiva umiltà e senso della misura la propria legittima aspirazione a fare la differenza nella vita delle persone.
- Cercare coerenza e progettualità, vivere il senso del movimento, del progresso e del cambiamento che significa progredire attraverso la vita in un modo sano, di cui si possa essere orgogliosi. Questo implica un giudizio di valore? Ebbene si, ma è assolutamente inevitabile averlo, noi ci giudichiamo continuamente e abbiamo bisogno di sentirci in equilibrio, in pace con noi stessi e a nostro agio nei nostri panni.
- Saper godere pienamente del tempo, non “ammazzare” il tempo ma viverlo, non è poco il tempo, è come lo usi, secondo la citazione attribuita ad Ayrton Senna, “Non conta tanto il tempo di permanenza sulla terra, conta la luce che hai lasciato”.
Ad unire le aree dell’Essere e del Fare ci sono le relazioni, l’esplorazione rispettosa dell’altro e dei punti di contatto, della gestione della propria identità e integrità nel rapporto con l’altro e quei rari e meravigliosi momenti fusionali che passiamo gran parte della vita a cercare. Moltissimo significato si trae dalla relazione, la relazione è vita e vita vera, inutile ripetersi, è davvero misura nostra e delle cose. Ecco, se posso aggiungere un’espressione, vorrei dire che il senso sta nel saper cogliere la ricchezza della relazione e nel riuscire a stare agganciati all’attimo con tutta la nostra consapevole attenzione e che le relazioni non vanno mai e poi mai date per scontate ma che bisogna “guadagnarsele”, ad esempio, banalmente, crescendo.
Giunta quindi alla soglia dei 50 anni, e alla fine forse agognata di questo post, proseguendo nel mio percorso, posso aggiungere che al momento la mia ricerca di senso è incardinata nello sforzo di accettare la sensazione di incompiutezza che pare inevitabile e resistere al senso di vertigine quasi mistico di fronte a tutto quello che ancora non so e che ormai chiaramente non saprò mai, almeno non in questa vita.
E Zanardi? Che cosa c’entra con tutto questo? Rispondetemi voi.