Rivelazione e rivoluzione

Nel 2015 ho scoperto una cosa incredibile. Mi ricordo bene che era il 2015 perché è successo durante la mia prima gravidanza. Avviso che non ho nessuna intenzione di parlare di questioni tecniche o filosofiche o sociali o altro riguardanti maternità e tutto quello che ruota attorno all’argomento. Potete quindi tirare un sospiro di sollievo e godervi una storia che ho vissuto in quei nove mesi in cui il fiato diminuisce inesorabilmente.

Tutto è iniziato a luglio, quando con l’aiuto della bella stagione e della disoccupazione passavo un sacco di tempo fuori casa: andavo in palestra, facevo la spesa, nuotavo, vedevo gli amici, frequentavo un corso di teatro, e altre amenità varie. Le prime avvisaglie di questa rivelazione le ho avute in ferie, esattamente il giorno dopo essere andata a visitare la Grotta di Nettuno ad Alghero facendo 650 scalini a scendere e 650 scalini a salire. Quel giorno, mi sono dovuta sdraiare su una panchina di Bosa per circa un’ora perché ero ridotta a una specie di relitto. Tornata a casa dalle ferie la situazione non è migliorata, neppure quando ho passato una giornata all’Expo o quando ho continuato a fare tutte le cose che facevo prima, con l’aggiunta delle varie gite al patronato per espletare le trafile burocratiche che toccano a una donna in gravidanza senza un contratto a tempo indeterminato.

Alla fine mi sono dovuta arrendere e piano piano ho iniziato a togliere. Via la palestra, via il corso di teatro, via le lunghe passeggiate, via le sperimentazioni di pasticceria, via i vari corsi crescita personale in giro per l’Italia, via la spesa da portare al terzo piano senza ascensore, via il “se hai bisogno ti posso dare una mano io, che tanto non ho nulla da fare”. È stato proprio allora, quando ho iniziato a levare, che mi sono accorta che le mie giornate continuavano a essere comunque sempre piene. Ecco, nell’autunno del 2015, alla tenera età di 35 anni, ho scoperto che sono iperattiva. Questa è stata per me una scoperta sorprendente. Ho passato 35 anni a considerarmi una pigra scansafatiche e sono bastati pochi mesi per accorgermi che avevo commesso un errore di valutazione.

L’immagine che avevo di me stessa si stava modificando, ma come in quella storia del battito di ali di una farfalla che può provocare un uragano dall’altra parte del mondo (piccola digressione: tecnicamente questa storia si chiama “effetto farfalla” anzi più precisamente è una nozione presente nella teoria del caos che si chiama “dipendenza sensibile alle condizioni iniziali”), mi sono ritrovata con inedite consapevolezze e nuove domande per cui cercare risposte. Non so esattamente quando avevo iniziato a ritenermi pigra, era qualcosa di me che avevo sempre dato per scontato, almeno fino a quel momento. In un’introduzione a un saggio di F.G. Wickes Il mondo psichico dell’infanzia Jung scriveva:

Ciò che generalmente agisce più fortemente sulla psiche del bambino è quella parte della vita dei genitori (e degli avi) che essi non hanno vissuta.

In altre parole Jung, e con lui molti altri, ci dice: molte delle nostre convinzioni, dei nostri pensieri, non sono nostri.

Non so a voi, ma a me questa teoria è sempre piaciuta molto: se molti dei miei pensieri non vengono neppure da me, allora posso benissimo eliminarli. Posso liberami da quelle convinzioni che ho da qualche parte assimilato a favore di altre più funzionali e che mi corrispondono maggiormente. Si tratta alla fine di una sorta di decluttering mentale: gettare via idee altrui come i vestiti regalati che non mi piacciono più e lasciare spazio a nuovi costumi che ho confezionato su misura. Così ho smesso di pensarmi come una persona pigra e, confortata da questa nuova consapevolezza, mi sono concessa la possibilità di continuare a togliere attività varie.

Alla fine ho lasciato solo pochissime cose: il divano, film e serie tv e delle vecchie fotografie da incollare negli album. A un certo punto sono terminate anche le fotografie e proprio allora mi sono resa conto che la mia grande scoperta non era finita, ma mi stava portando verso un’altra ancora più sconvolgente e rivoluzionaria. Ho notato che anche se non facevo nulla, ma proprio nulla, continuavo a esistere. Oltre alla convinzione di essere pigra, dovevo aver assimilato l’idea che se mi fossi concessa una totale inattività sarei scomparsa, come Michael J. Fox in Ritorno al futuro, solo che Marty McFly rischiava di scomparire perché sua madre si era innamorata di lui e non di suo padre. Può sembrare ovvio o banale, ma per me scoprire che potevo rimanere seduta sul divano o sdraiata a letto senza fare nulla, senza dover per forza produrre qualcosa in termini di azioni o pensieri, ed essere comunque viva e pure felice è stata una deflagrazione mentale. Per citare una canzone simbolo della mia adolescenza: I started a revolution from my bed. La rivoluzione di capire che la mia misura non dipende da quello che faccio. E non è obbligatorio aspettare un figlio per arrivarci.

Vera Martinelli blog adf

Autore: Vera Martinelli

Credo nella precisione scientifica della pasticceria, nella mia amata Bologna, nell’epica dello sport, nella necessità di ozio, nei rossetti rossi, nei film francesi, in Cocò Chanel, nei fumetti di Little Nemo, nell’alchimia come sentiero di crescita personale, nell’importanza della musica inglese, nella ricerca continua, nei musical al cinema, nel cambiamento, nella supremazia felina, nei percorsi non lineari, nei whisk(e)y torbati, nella luce radente di Caravaggio, nell’ironia e nella leggerezza, in Gino Bartali, nell’assoluta perfezione di tutto ciò che a prima vista appare imperfetto, nella forza e nel suo lato oscuro, nell’almeno il 5% di buono presente in ciascun individuo, nella meditazione, nei passatelli in brodo, che la bellezza salverà il mondo, che la fantasia è un posto dove ci piove dentro e che la narrazione abbia un potere salvifico. Ho fatto molti lavori e alla fine ho capito che avevano tutti a che fare con le persone. Dopo anni di timori ho ammesso a me stessa che volevo che proprio le persone diventassero il mio lavoro. Sto cercando di diventare coach e mentre allevo due giovani padawan studio psicologia perché il sapere non ha mai fine.

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