Rispettare gli spazi dei propri figli significa avere fiducia in loro

Nel post Come diventare allenatore emotivo di tuo figlio ho elencato una serie di azioni che possono aiutare i genitori di figli adolescenti a migliorare il rapporto con i propri figli.

Oggi vorrei soffermarmi su un’azione che risulta spesso difficile: accettare e rispettare il loro spazio. Distaccarsi quanto basta.

Difficile, vero? Del resto siamo sempre stati indispensabili per loro, fin dalla nascita, come possiamo ora fare un passo indietro e non essere sempre al corrente di ciò che accade nelle loro vite?

Sembra paradossale, ma staccarsi da loro contribuisce a stabilire una relazione equilibrata.

Ma come si fa? Innanzi tutto vediamo cosa succede.

Tutto inizia alle medie

Il momento in cui questa loro esigenza di spazio inizia a farsi evidente è durante la pre-adolescenza, cioè durante la scuola media. Da un momento all’altro nostro figlio, che fino al giorno prima avevamo accompagnato a scuola per tutti gli anni della materna e delle elementari (per non parlare dell’asilo nido per chi lo ha frequentato), all’improvviso decide e pretende di voler andare a scuola da solo (quando possibile) e/o di uscire con i suoi amici nei pomeriggi liberi. Un normale desiderio di autonomia che però manda in confusione il genitore. Senza entrare nel merito dei valori educativi di ogni famiglia, questa richiesta è il primo cenno di allontanamento e di creazione di uno spazio proprio in cui il figlio si sente di potersi esprimere senza lo sguardo genitoriale.

Uno spazio che è necessario per crescere e per misurarsi nella società con la propria personalità, le debolezze e le paure. Ma questa esigenza si manifesta anche in casa, quando si isolano dal mondo indossando un paio di cuffie e ascoltando la loro la musica preferita, mentre giocano con la Play o anche quando scrollano il feed di Instagram e le stories dei loro amici. Quante volte alla domanda “ma chi stai ascoltando?” o “dai fammi vedere qualche tuo nuovo amico” abbiamo ricevuto come risposta un grugnito o, se ci va bene, un “ora no, dopo”, “lasciamo stare”.

Tutto normale, tutto nella regola. Non credete di essere soli, né di aver sbagliato tutto come genitori e neanche che se non sapete tutto quello che passa nella testa di vostro figlio, allora lo perderete!

Vi ricordate quando avevano due o tre anni e vi seguivano fino in bagno o volevano stare con voi sempre e sentivate di non avere un solo minuto di tempo e spazio per voi, se non quando stramazzavate al letto la notte? Ecco, anche loro si sentono così ora, con il nostro sguardo preoccupato e inconsapevolmente giudicante che vorrebbe controllare tutto.

Mi ricordo di quando mia figlia grande iniziò la scuola media (ora ha sedici anni) e, soprattutto in seconda media, iniziò a non raccontarmi più nulla. Per me fu un vero shock. Pensai che mi stesse nascondendo qualcosa, e più lei non parlava, più io la pressavo. Ma sentivo che dovevo scardinare questo mio agire perché portava solo ansia e tensione.

Feci un passo indietro.

Mi immedesimai in lei. Mi sono ricordata il desiderio che avevo da adolescente di ritagliarmi un piccolo spazio mio sia fisico (dividevo la stanza con mio fratello), che mentale, cioè senza nessuno che volesse curiosare tra i miei pensieri.
Ecco cosa ho fatto e che consiglio sempre ai genitori che seguo.

  • Se volete chiedere qualcosa fate una domanda. Se vi risponde a monosillabi o con verso animale, non insistete. Rimarranno spiazzati.
  • Fate finta che non vi importi e, in modo rilassato (provateci), allontanatevi o immergetevi in altra attività.
  • Citate per caso persone incontrate o raccontate eventi accaduti a voi che possano essere interessanti, cercando il coinvolgimento. Non aspettatevi grandi conversazioni, questo serve solo per far capire che volete parlare di voi e non di loro.
  • Se si chiudono nella loro stanza non chiedete di entrare ogni due minuti e bussate se avete proprio urgenza di comunicare!
  • Fate finta di non interessarvi di loro, ma siate sempre attenti osservatori di ogni dettaglio del loro comportamento, sguardi, toni di voce e ogni cosa voi sapete indichi un malessere.
  • Prendendo come spunto cose che avvengono nella vostra vita quotidiana, ribadite la vostra fiducia in loro e il fatto che voi siete sempre presenti in ascolto in caso ci fosse bisogno.

Questi consigli possono servire a trasmettere il messaggio che voi avete capito la loro richiesta e che la rispettate. La vostra fiducia li farà sentire considerati non più come bambini da accudire, ma come persone con una propria identità da riconoscere e considerare.

Provateci e fatemi sapere scrivendomi a sabrina.cir@accademiafelicita.it o lasciando un commento al mio articolo.

Sabrina Ciraolo

Autore: Sabrina Ciraolo

Sono nata a Roma nel 1972. Laureata in Storia dell’Arte, lavoro da vent'anni nella formazione a distanza, e da tredici svolgo attività di consulenza presso le agenzie dell’ONU con sede a Roma, FAO e WFP. Sono diventata coach nel 2015 e mi sono poi specializzata in coaching al femminile con Francesca Zampone, oltre a seguire i tanti workshop e corsi di Accademia. Sono in perenne formazione e aggiornamento. Sono madre di due figlie e il mondo della genitorialità e dell’adolescenza mi ha spinto verso il Parent Coaching, sul quale mi sto ulteriormente specializzando seguendo un corso di formazione specifico. Sono un’avida lettrice fin da piccola, ascolto musica appena mi sveglio al mattino, ma amo anche rintanarmi in un silenzio rigenerante. Sono cultrice della bellezza della natura e dell’arte, che credo sia l’unico modo per sfuggire alla rassegnazione. Sono diventata socia di Accademia perché credo di poter contribuire con il Parent coaching a costruire un percorso verso la felicità aiutando i genitori e gli adolescenti.

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