Avete presente il mito di Narciso, talmente innamorato di se stesso da morire affogato tentando di baciare la propria immagine riflessa nell’acqua? Credo che la maggior parte delle ragazze che conosco abbia avuto una relazione con un uomo, un padre o un capo che gli somiglia.
Qualcuno che ha avuto la maestria di farle sentire delle meravigliose regine, le ha condotte verso repentine discese, emozionanti salite e, dopo aver dato loro l’ebrezza del controllo, le ha spinte verso il giro della morte e le ha fatte scendere dalla giostra senza una spiegazione.
Voglio confidarvi un segreto: le stesse sensazioni possono essere provate per il cibo!
Quando il cibo è il nostro Narciso, la nostra autostima si nutre dei momenti in cui sentiamo di avere tutto sotto controllo, di dosare alla perfezione le quantità e le calorie rispettando le prescrizioni di una dieta o semplicemente imparando a evitare tutto ciò che potrebbe farci perdere la testa.
Ci diciamo che è la volta buona, che non cederemo più alle avances di una torta al cioccolato o di un tiramisù che ci chiama dal carrello dei dolci.
Siamo abbastanza forti, o ancora recentemente deluse, da sentirci pronte a cambiare tutta la nostra routine alimentare e decidere che stavolta la fame non avrà la meglio, e che sapremo rinunciare al nostro double cheeseburger con patatine, anche se abbiamo condiviso insieme momenti importanti.
Le nostre cosce non meritano di essere trattate con disprezzo dalla nostra immagine riflessa allo specchio, e riempiamo il frigorifero di verdura fresca e frutta tropicale. Petto di pollo, avocado e spinaci al limone. Forza = controllo e controllo è sinonimo di dieta.
Siamo cambiate, prima o poi tutti se ne accorgeranno.
Poi arriva la serata in cui ci sentiamo sole: forse per la luna, un problema a lavoro, una discussione lasciata aperta. Attraversiamo la città a piedi e sentiamo il profumo del pane davanti a un forno, l’odore di burro in pasticceria, un cannoncino alla crema ci guarda languidamente da una vetrina. Facciamo le sostenute per un po’, ma sappiamo che le nostre difese sono basse.
Una vocina ci dice che forse un morso non annullerà l’indipendenza conquistata… Come una telefonata per sapere come sta, poi una parola tira l’altra, un morso dopo l’altro, finiamo di nuovo in balìa del nostro carnefice, e in preda ai sensi di colpa finiamo il vassoio per nascondere le prove.
Il cibo come metafora dell’amore
Geneen Roth, autrice di più di 10 libri sul rapporto con l’alimentazione, ci racconta quanto il cibo possa essere metafora del nostro rapporto con l’amore e presenta la possibilità che imparare a essere gentili e rispettosi verso se stessi e il proprio corpo sia molto più efficace di qualsiasi dieta o regola restrittiva.
Fiera dell’espressione bottom up della sua esperienza personale, ci parla dei quasi 500 chili presi e persi nella sua vita, dell’ebrezza del controllo e della frustrazione del cedimento, chiarendo che sono facce di una stessa medaglia, la dieta, che accompagna in modo spesso subdolo verso il tunnel de “se solo fossi magra sarei finalmente felice” o ancora “se controllo quello che mangio allora potrò controllare anche tutto il resto”.
Mangiamo e viviamo spesso in modo molto simile. Per questo la nostra relazione con il cibo, il denaro, l’amore è il riflesso delle nostre convinzioni sulla felicità, l’abbondanza, il dolore. Per questo ci aiuta a capire che ciò che desideriamo veramente non è perdere peso ed essere magre, ma sentirci invulnerabili.
La Roth descrive il nostro rapporto con il cibo in modo profondo, spirituale, personale. Ma riesce anche a dare pillole ironiche per difenderci da noi stesse e da tutto ciò che ci hanno insegnato come preferibile ma che ci allontana dall’obbiettivo principale: essere felici e stare bene ora!
Tra i suggerimenti più curiosi:
- Quando mangi dal frigorifero, prendi una sedia (che da il titolo a uno dei suoi libri): per godere a pieno del momento, per curare il contesto, per vivere nella bellezza che meriti. Inviteresti mai un’amica a cena per poi farle prendere il cibo in piedi dai contenitori in plastica?
- Impara a riconoscere un attacco di “grasso e brutto”. Spesso si è consapevoli solo del suo effetto, non del suo arrivo. L’attacco lavora in modo intensivo per circa 10 minuti e ci rende insicure, frustrate, disperate. Prova a fermarti e chiederti: anche 72 ore fa mi sentivo nello stesso modo? Quando mi sono sentita bene l’ultima volta? Cos’è cambiato? Ricorda che si tratta di un attacco, non sei tu! Puoi fermarti, respirare e tornare a te stessa.
- Interventi d’emergenza. Quali sono i tuoi? Prepara una lista di cose da fare quando hai un attacco di “grasso e brutto”. Indossa un bellissimo vestito con cui sentirti splendida: per interrompere gli insulti e trattarti in modo glorioso! Ascolta una musica in cui perderti. Fai un pisolino, un bagno o almeno un break di 5 minuti. Respira: è sempre una buona idea.
- Ricorda che non esiste un solo modo giusto, un giusto sentiero, le giuste risposte o il giusto cibo.
- Quando non sei affamata, la bellezza è meglio dei bonbons. Mettiamo così tanta enfasi sull’efficacia e l’efficienza di ciò che facciamo, che dimentichiamo di circondarci di bellezza. Ricominciamo a nutrire gli occhi, il cuore, le orecchie e osserviamo se la fame se ne va.