Lasciar andare

A volte faccio grandiose scenate per questioni inutili che non fatico a lasciar andare dopo pochi minuti. Subito dopo mi sento molto ridicola, mi viene da ridere, dico frasi del tipo “Scusa, scusa, era solo una sciocchezza, vero?”. Le persone non apprezzano affatto questa mia caratteristica; non servono i miei “scusa, scusa”, solitamente si apre un conflitto ancor peggiore e sono immancabilmente accusata di essere troppo volubile.

Lo accetto, scordo sempre che io conosco me stessa in modo certo e immediato, mentre gli altri mi conoscono sempre attraverso un intermediario e che dovrei, forse, condividere alcune premesse fondamentali: mi impegno ogni giorno per vivere con leggerezza, per smettere di tormentarmi per motivi che hanno solo un’importanza illusoria, per lasciar andare ciò che mi limita. L’ho detto alle persone che amo, quelle che fanno parte del mio cerchio magico di relazioni, non posso dirlo a tutti, anzi, non voglio dirlo a tutti! Tornerei immediatamente al punto di partenza: fondare il valore che mi riconosco sul giudizio che gli altri hanno di me.

Le inutili battaglie succhia energia

Combattiamo ogni giorno battaglie inutili che divorano la nostra energia, poiché la nostra disponibilità alla lotta è infinita. La preoccupazione del riconoscimento, della stima, dell’ammirazione da parte degli altri; il desiderio di farsi notare, di avere l’ultima parola in una discussione, ci portano a trasformare tutto ciò che ci succede in una questione personale. Ogni occasione è buona per verificare se abbiamo guadagnato punti; ci valutiamo costantemente, facciamo continui paragoni, la percezione del nostro valore sale e scende senza sosta.

Consumiamo le nostre energie in inutili battaglie al punto da non possederne più per ingaggiare sfide edificanti a lungo termine, vere battaglie in grado di migliorare il nostro e l’altrui benessere.

Cosa accadrebbe se scegliessimo con cura come investire risorse ed energie, lasciando andare il resto?

Mollare la presa è da perdenti?

Di fronte alle difficoltà siamo quasi sempre decisi a perseverare; esistono decine di massime e aforismi sul tema: “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”, “Chi molla non vince mai”, “Boia chi molla”, e così via. In realtà la tendenza a desistere e rinunciare caratterizza l’essere umano da sempre; tutti, prima o poi, molliamo. Però non ci piace ammetterlo; siamo cresciuti nella convinzione che lasciar andare equivalga ad un cedimento morale. L’idea di abbandonare un’attività rappresenta un fallimento, una scelta da perdenti; anche se ci siamo impegnati molto non abbiamo raggiunto l’obiettivo e ci biasimiamo convinti che se fossimo persone di valore non avremmo mollato, ma insistito.

E se il cuore della questione fosse invece costituito da come lasciamo andare?

Secondo lo scrittore ed esperto di marketing Seth Godin esiste, nell’ambito del business, “l’abbandono reattivo e seriale” e “l’abbandono strategico“.

Il primo è l’errore di chi sforza di raggiungere un obiettivo e non ci riesce; accade quando siamo presi dal panico e ci lasciamo guidare, nelle nostre scelte, dall’emotività, dalla paura o dalla fretta, senza valutare le conseguenze a lungo termine della scelta.

L’abbandono strategico, al contrario, è una decisione che si assume consapevolmente, sulla base delle opzioni a disposizione, valutando il momento più opportuno per farlo. Deriva dalla comprensione di una verità che non sempre accettiamo: non si può essere bravi in tutto ciò che si fa!

Questa teoria economica si presta, a mio avviso, ad un’interpretazione che può migrare dal business a quasi tutti gli ambiti della nostra vita. Quando ci rendiamo conto di essere in un vicolo cieco, quando abbiamo l’impressione di sprecare energie senza essere certi che il risultato ci soddisferà appieno, quando consumiamo inutilmente le nostre giornate con persone che non stimiamo, mollare la presa è una scelta non solo ragionevole, ma intelligente e saggia. Essere pronti a lasciar andare i percorsi che ci conducono in strade senza uscita non ci trasforma in persone arrendevoli e rinunciatarie, ma piuttosto in individui capaci di scegliere intenzionalmente d’investire in ciò che ci appartiene realmente.

Non vuole nemmeno dire che siamo disposti ad abdicare ai nostri sogni e a tutto ciò che vorremmo abitasse il nostro futuro, al contrario! Coltivare i nostri talenti, accettare la nostra imperfezione e incoerenza, scegliere di lasciar andare relazioni e progetti privi di significato, rivela la nostra intenzione di costruire un futuro più appassionante e stimolante. Non dobbiamo attendere l’arrivo di un evento triste e doloroso per fare i conti con l’inessenziale, l’inutile, il dannoso: possiamo farlo ogni giorno, vivendo vite intenzionali.

 Se la mediocrità è il risultato, allora è meglio lasciar andare

Cercare di cavarsela significa fare il possibile per riuscire a stare a galla, per sopravvivere alle situazioni. Sopravvivere non ci permette, però, di raggiungere buoni risultati o di conquistare quella libertà interiore che ci fa sentire leggeri; la mediocrità non deriva quasi mai dalla mancanza di capacità o talento, quanto piuttosto dalla condizione di trovarsi in un vicolo cieco, in un’abitudine fossilizzata, in una relazione di comodo, senza trovare il coraggio di intraprendere un cambiamento. Cercare di cavarsela produce spreco di tempo e un cattivo impiego di energie; se il meglio che possiamo fare è cavarcela e sopravvivere, allora, forse, è meglio lasciar andare per essere liberi di impegnarsi altrove. Dire basta al momento giusto può diventare una strategia efficace di approccio alla vita e al lavoro, perché investire in qualcosa che rende i nostri giorni mediocri ha un costo troppo elevato in termini di opportunità perdute.

Lasciar andare, da dove iniziare?

Fase uno

Decidi, per una settimana, di non combattere inutili battaglie: evita le discussioni superflue in famiglia, non scrivere commenti sui social, nessun intervento non essenziale al lavoro. Individua e annota su un taccuino le preoccupazioni relative alle battaglie non intraprese, man mano che compaiono durante le tue giornate.

Esempi:

Non ho detto al mio compagno che ha caricato male la lavastoviglie. Come mi sento ora?

Ho evitato di reagire alla frase provocatoria della collega. Come mi sento ora?

Fase due

Usa le energie risparmiate per riflettere sulle situazioni e i progetti senza futuro che occupano le tue giornate. Su quali puoi operare un cambiamento?

Fase tre

Individua una situazione che vuoi lasciar andare e pianifica come attuare un abbandono strategico: quando lo farai? Cosa ti serve per attuare l’abbandono? Che reazioni ti aspetti?

Alla fine della settimana fai un bilancio: come stai?

Hai perso o guadagnato in autostima? Ti senti più stanco o più riposato del solito?

 

Autore: Barbara Mantovi

Sono nata e cresciuta a Reggio Emilia dove ho vissuto una selvaggia infanzia campagnola. Ho da sempre fame di storie e la mia carriera di bibliotecaria e operatrice culturale mi permette di incontrare ogni giorno persone, libri e nuovi progetti creativi. Perseguo l’obiettivo di attraversare la vita con leggerezza, perché la leggerezza è un’attitudine che mi è congeniale e che trovo liberatoria; mi permette di vedere dove voglio andare, anche nella nebbia della mia Emilia. Ho frequentato il Master in Coaching di Accademia della Felicità nel 2017/2018 e ora sono una coach che si occupa di leggerezza in pratica.

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