L’arte di fare (e farsi) le domande giuste

Fare domande è uno dei modi che abbiamo a disposizione per conoscere il mondo. Insieme all’esperienza, che è il metodo empirico per eccellenza, chiedere (e chiedersi) il perché o il come delle cose ci aiuta a costruire la nostra visione, la nostra verità. Domandare è il verbo della curiosità. Da bambini, avendo una naturale attitudine alla curiosità e alla scoperta, facciamo un sacco di domande. In età adulta poco a poco smettiamo, perché il nostro bagaglio di informazioni e di conoscenze aumenta e ci accontentiamo delle risposte che abbiamo già.

Le domande aiutano a comunicare meglio

Le domande sono un ottimo strumento di comunicazione efficace. Porre le domande “giuste” ci consente di imparare dagli altri, di aiutarli, di comprenderne i comportamenti, di identificare i problemi e di trovare soluzioni. C’è una relazione diretta tra la capacità di domandare e l’intelligenza emotiva. Più siamo capaci di porre buone domande, migliore sarà la qualità della nostra comunicazione. Questo dipende anche dal fatto che l’arte di fare domande è correlata alla capacità di ascolto: domandare non basta, bisogna anche essere in grado di recepire la risposta, elaborarla e integrarla nel nostro sistema di credenze. Insomma, fare domande non si esaurisce nell’atto di chiedere ma implica una relazione, uno scambio tra due interlocutori.

Come possiamo fare domande migliori?

Partiamo da un assunto: non tutte le domande sono uguali. Ci sono domande chiuse e aperte, domande che servono a chiedere un’informazione e a colmare una lacuna, domande che indagano emozioni e stati d’animo. Qualunque sia l’obiettivo della tua domanda, voglio lasciarti alcuni suggerimenti da mettere in pratica per migliorarne l’efficacia.

  • Andare al punto. Può sembrare scontato ma spesso non riusciamo a formulare le giuste domande perché giriamo intorno alla questione che più ci preme. Magari temiamo di essere troppo diretti o di essere percepiti come invadenti. Ovvio, dobbiamo sempre valutare in quali rapporti siamo con il nostro interlocutore e tarare la nostra domanda in base al livello di confidenza con chi abbiamo di fronte. Può essere molto utile seguire una gerarchia: partire da domande più generiche e poi restringere il campo. Ma senza perdere il focus o divagare.
  • Sospendere il giudizio. Spesso non facciamo le domande che vorremmo perché ci auto-censuriamo, giudichiamo sciocchi o superflui i nostri dubbi. Pensiamo che se abbiamo bisogno di chiedere è perché siamo stupidi e non capiamo ciò che dovrebbe essere palese. Non esistono domande stupide. Anzi, capita spesso che le persone diano per scontato informazioni che per loro sono acquisite ma che sono del tutto nuove per chi è di fronte. Farsi venire un dubbio e chiedere chiarimenti è sempre una buona idea.
  • Mettere l’altro a proprio agio. Le domande aperte danno all’interlocutore più spazio per esprimere i propri pensieri e spiegare il proprio punto di vista, mentre domande troppo serrate e perentorie danno l’idea di un interrogatorio. A volte, invece, una domanda che presuppone una risposta tra due alternative chiude il ventaglio delle possibilità e rende, per questo, più agevole la risposta. Molto dipende dalla situazione e dalla persona. L’importante è fare in modo che il dialogo si svolga sempre in un clima di comprensione e ascolto.
  • Essere chiari e semplici. Può capitare che formuliamo domande nebulose, il cui fine è ambiguo. Oppure facciamo più domande in un’unica frase, cosa che può creare confusione in chi deve rispondere. Più siamo chiari nelle nostre domande, più le risposte saranno soddisfacenti. Chiarezza e semplicità implicano una consapevolezza di fondo rispetto a ciò che ci interessa sapere.
  • Ascoltare davvero. Che ascoltare sia parte attiva dell’atto di domandare l’abbiamo già appurato. Il più delle volte, quando non ascoltiamo, è perché non abbiamo un reale interesse in ciò che stiamo chiedendo. Oppure stiamo già pensando alla domanda successiva. Ascoltare significa porre la nostra completa attenzione sulla persona che abbiamo di fronte, guardarla negli occhi, non farci distrarre da elementi esterni. È una forma di rispetto dell’altro, che garantisce risposte migliori.

Le domande nel coaching

Le domande sono lo strumento principe del coaching. La relazione tra il coach e il suo cliente si basa sulle domande “giuste” e sulle risposte che ne derivano. Attraverso una sorta di metodo socratico, il coach porta il coachee a farsi le domande di cui ha bisogno in quel momento e di darsi risposte sincere, senza svicolare o essere elusivo. Queste domande in coaching si chiamano powerful questions, domande potenti. Ci sono domande che hanno una potenza intrinseca, sono quelle che potremmo definire filosofiche, perché sono “eterne” e ci interrogano su questioni profonde del nostro essere. Altre domande acquisiscono la loro potenza in base alla fase del percorso che stiamo attraversando. Ecco alcune domande potenti che possiamo farci in qualunque momento della tua vita stiamo attraversando:

  • Chi sono?
  • Quali sono i miei valori nella vita?
  • Quale significato ha per me il termine “successo”?
  • Cosa posso fare per migliorare la mia attuale situazione?
  • Come posso creare relazioni più solide/intime con le persone che amo?
  • Dove mi vedo tra 5, 10 o 20 anni?
  • Cosa ritengo “giusto” e “sbagliato”?
  • Se morissi domani, quale sarebbe il mio più grande rimpianto?
  • A cosa non potrei rinunciare nemmeno per un milione di euro?

Come puoi intuire, a rendere davvero potenti queste domande sono le risposte che ci diamo, nel momento in cui ci portano a compiere una trasformazione.

Come possiamo farci domande migliori?

Le domande migliori che possiamo fare a noi stessi sono quelle che ci portano a considerare altri punti di vista. Soprattutto se tendiamo ad avere un dialogo interiore auto-svalutativo, le domande migliori sono quelle con cui mettiamo in discussione convinzioni radicate. Per esempio, possiamo chiederci:

  • Perché ho questa convinzione?
  • Ho delle prove che la supportano?
  • Ho delle prove che la screditano?
  • In che modo questa convinzione condiziona i miei pensieri, il mio comportamento, le mie emozioni?
  • In che modo questa convinzione ostacola la piena espressione di me?
  • Posso riformulare questa convinzione in maniera tale che diventi, se non positiva, almeno neutra?

La condizione che consente a queste domande di essere efficaci è che ci impegniamo a essere onesti con noi stessi, sforzandoci di assumere una prospettiva che ci consenta di guardarci da fuori. Non occorre avere le risposte a tutte le domande: il potere di molte domande è il loro lavorio sotterraneo e continuo. Perché alla fine le domande migliori che possiamo farci sono quelle che ci aiutano a diventare le persone che vogliamo essere.

Giovanna Martiniello

Autore: Giovanna Martiniello

Sono un’introversa ipersensibile con la passione per le storie. Ho l'inquietudine tipica di chi è vissuto a lungo su un suolo vulcanico. Vivo in collina ma non potrei stare senza la città. Nel 2017 ho frequentato il Master in Coaching di Accademia della Felicità, ho mollato il posto fisso e mi sono abilitata come coach. Mi occupo di scrittura autobiografica per la comunicazione, integrando la metodologia del coaching nelle mie competenze di scrittura.

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