In questi giorni è assolutamente impossibile e potrebbe sembrare addirittura assurdo e insensibile, di certo fuori dalla contemporaneità, non parlare del virus. Come di comportamenti irresponsabili e antisociali e di comportamenti invece virtuosi, di cui ovviamente si parla meno perché caratterizzati da responsabilità e riserbo e dunque meno interessanti.
È impossibile, ovunque ci si volga, non trovare commenti e opinioni su tutti i canali percepibili dagli umani sensi su tutti i temi attinenti al contagio, da dissertazioni sui modelli matematici della diffusione delle epidemie, a variamente informati post e articoli di chi è invece esperto di contenimento e di virologia.
Mi sono dunque lungamente chiesta se fosse il caso di aggiungere la mia di voce a questo coro che pare già sufficientemente saturante, e poi ho deciso che, esattamente come mi sono parse stranianti e ridicole le discussioni sulle partite di calcio e sul campionato di serie A, mi sarebbe sembrato artificioso, presbite e difficilissimo scrivere anche una sola riga senza considerare l’evento potentemente disruptive che ci sta coinvolgendo tutti.
Lo confesso: all’inizio ho sottovalutato quello che stava capitando: erano notizie che arrivavano dalla Cina, da lontano. Pensavo “Certamente i cinesi riusciranno a risolvere tutto in fretta, se non riescono loro ad attuare un efficace contenimento chi vuoi che ci riesca! E resterà nelle cronache come una tragica epidemia cinese”. Ma un’epidemia non si può contenere in un’epoca in cui respiriamo tutti la stessa aria, perché l’aria viaggia sempre più veloce intorno al globo, oggi a Shanghai, domani a New York, tra due giorni di nuovo a Milano e poi a Codogno. Insomma, mentre un mio caro amico da giorni martellava incessantemente cercando di allertarmi e costringendomi a proteggermi ancora di più dalla prospettiva di quello che sarebbe inevitabilmente arrivato, ho iniziato a leggere i primi numeri e a vedere lo spettacolo di arte varia rappresentato dalla politica, dall’informazione ma, soprattutto, da noi, dagli italiani, un meraviglioso popolo di artisti, di bambini spontanei entusiasti della vita ma anche egoisti e individualisti, furbetti e indisciplinati che, in tutta evidenza, non credono a una parola sola pronunciata da una autorità.
L’Inverno è arrivato: è il momento di fermarci
Nonostante fossimo pronti a festeggiare il carnevale, l’Inverno è arrivato, e tutti abbiamo dovuto prenderne coscienza.
È arrivato l’Inverno e, per primo, ha colpito il networking, la nostra apertura agli altri, la nostra abitudine al contatto e alla fisicità. A differenza del solito Inverno, quello in cui ci si stringe tutti intorno al focolare e si fa visita agli amici per bere un whisky in compagnia o mangiare la bagna cauda, ora una situazione nuova si è impadronita del nostro quotidiano e ci impone ripiegamenti, rinunce, pause, che dovrebbe indurci a riflettere oltre che costringerci a riprogettare la nostra attività e, naturalmente, la nostra vita di relazione.
Questi primi giorni mi hanno restituito una sensazione che non ricordavo dagli Anni ’80, dalla guerra fredda di “Russians” di Sting, dal film “The Day After” e poi da Chernobyl. Un’emergenza umanitaria di dimensioni emotive enormi, con un impatto che la nostra generazione non potrà davvero mai dimenticare, anche senza serie Netflix. La sensazione è pessima, è claustrofobica, è la percezione che il mio mondo sia una scatola buia e stretta, che si chiuda intorno a me mentre tutti quelli che amo e tutti i luoghi del cuore si allontanano sempre di più da me, nello spazio e nel tempo.
E, anche se è certo che la fine ci sarà, proprio come nelle grandi crisi, nei passaggi epocali, la fine è assolutamente fuori dalla nostra visibilità emotiva, decisamente non alla nostra portata.
Fragilità è la parola che emerge con forza. La resilienza viene dopo, verrà certamente dopo, la si costruisce: prima arriva la fragilità, quella dell’economia, la vedremo, ma anche la nostra umana fragilità, la pelle fragile della scimmia nuda.
Oggi, il primo vero giorno di “ritiro”, non riuscivo a capire quale fosse il senso del mio malessere e finalmente, come spesso avviene confrontandomi con un’amica, ho realizzato che quello che mi stava irritando di tutto e di tutti è che la situazione imporrebbe riserbo e rallentamento ma pare proprio che nessuno ce la faccia.
Se ci muoviamo sempre come delle biglie impazzite, ormai lo dovremmo sapere tutti, non facciamo altro che moltiplicare le occasioni di contatto e quindi di contagio, mettendoci a rischio, rischiando la salute e l’incolumità di coloro che amiamo. Stare in casa, stare fermi è una questione di responsabilità sociale, non solo individuale, ed io mi devo poter fidare di te, del fatto che cercherai di avere cura di te in modo da non mettere in pericolo me.
Se, al passare di questa crisi che di certo passerà, se alla fine di tutto questo saremo le stesse persone di prima, dovremo certamente fronteggiare il rimpianto di avere perso una grande occasione per crescere, cambiare, migliorare. Per apprendere nuovi paradigmi, per trovare un ulteriore punto di equilibrio. Per essere più attenti gentili e sensibili gli uni con gli altri, anche in video, anche su Skype, anche al telefono e via mail. Per imparare a stare davvero più da soli, in silenzio, a dialogare con noi stessi senza spaventarci.
Se saremo concentrati e focalizzati sul cambiamento, diventeremo, ne sono convinta, più aperti, più fiduciosi, in grado di scegliere valori consistenti e fieri di avere solide priorità.
Trasformare la crisi in un dono
Quindi, ho deciso che cosa fare in questi giorni e, mentre tutto il web si sta riempendo di to do list, come se davvero mancassero le cose da fare a casa nel ventunesimo secolo, vorrei quindi aggiungere anche la mia, vorrei dare un contributo e, casomai, se sarò abbastanza brava, un contenuto positivo e bello alla nostra vita oltre il temporale.
Come ogni crisi, questa crisi deve diventare un dono per noi: non possiamo controllare la nostra vita, non possiamo prevedere tutto, possiamo solo scegliere come vivere quello che ci accade. Quindi:
- Verifica che questa situazione, in molti casi, ti libera un sacco di tempo: ad esempio, io sto lavorando da casa e prima, per vecchie abitudini o per schemi mentali, non riuscivo a farlo. Sto dunque scoprendo di riuscire a moltiplicare le occasioni di contatto con i miei clienti e ad essere probabilmente più presente e produttiva di prima. Anche tu, sperimenta soluzioni nuove e cogli anche l’occasione per verificare se quello che facevi prima era davvero efficace.
- Utilizza un po’ di tempo per preparare un nuovo pitch, una breve presentazione per spiegare in modo sintetico ed efficace quello che fai ad un’altra persona, ad un potenziale partner referenziale, ad un potenziale cliente.
- Cogli il dono del silenzio, ce n’è e ce ne può essere molto più di prima nella tua vita. Il silenzio ci consente sempre di ascoltare la voce più importante per noi, quella che ci parla dentro. Lei le cose le sa. Usa questo “fermo non programmato” per incontrare te stesso. Se vuoi, tieni un diario delle tue emozioni.
- Pensa a che cosa puoi imparare di nuovo su di te, o magari riscoprire; contempla il tuo mondo interiore, guarda come affronti le crisi, a quanto sei stata brava ad affrontarle e a superarle in passato e prometti di non dimenticarti di quanto sai essere forte; chiediti come vivi le regole e le restrizioni alla tua libertà personale e fai un esame di quanto questa situazione incida sui tuoi valori; rifletti su quali sono realmente le cose importanti per te.
- Cogli l’occasione per dire alle persone che le ami: magari non lo fai mai, non è nelle tue abitudini, magari lo trovi fuori luogo o imbarazzante. Scegli da chi iniziare, scegli qualcuno con cui puoi “vincere facile”: senti quale straordinaria sensazione di benessere ricco di ossitocina si sprigiona dentro di te. Senti quanto è bello volere bene a qualcuno.
- Manda il buongiorno alle persone a cui stai pensando e che magari non senti da un po’.
- Chiama almeno una persona al giorno tra quelle che per te hanno un significato o tra quelle con cui senti di voler chiarire qualcosa e verifica se sia possibile fare un passo avanti nel vostro rapporto, costruendo un pezzettino di futuro diverso per voi.
- Leggi qualcuno dei libri che hai messo da parte. Ad esempio, io ho deciso di leggere “Spillover” di David Quammen (in tema, sui meccanismi di diffusione delle malattie) e “Homo Deus” di quel genio assoluto di Yuval Noah Harari, tanto per cominciare. Ma ne ho davvero tantissimi e non vedo l’ora di iniziarli. Tieni sempre presente che spaziare da un argomento all’altro stimola la creatività e la disruptiveness e che contemplare la complessità stimola l’amore per il mondo e per le sfide che ci propone. Leggi anche un romanzo, magari un classico. Non ho mai letto “Guerra e pace” di Lev Tolstoj e potrebbe essere una buona occasione. La buona letteratura stimola l’empatia e la capacità di navigare le altrui emozioni: sono certa che Tolstoj sarà un bravo maestro.
In conclusione, in questi ultimi giorni ho già potuto toccare con mano almeno due cose di me che spesso non considero abbastanza: ho capito che si può e che tutto sommato è bello lavorare da casa ma che, come tutti gli ipersensibili iperattivi faccio molta fatica a concentrare la mia attenzione su di una cosa sola alla volta e che condividere lo spazio con qualcuno mi sottrae davvero tanta produttività ed energia (d’altronde ho sempre studiato da sola, qualcosa avrà significato), ed ecco aree di consapevolezza su cui lavorare; ma ho anche capito quanto amo le persone della mia vita e quanto io sia spontaneamente “fisica” nell’esprimerlo, quanto questo possa essere ambivalente in momenti come questo e straordinariamente prezioso quando possibile.
E tu, come vivrai questo momento di riflessione e pausa obbligata? In che modo i tuoi valori sono in gioco?
Insieme si vince su tutto, insieme si vedrà presto oltre il temporale.