Comunicare con gentilezza è sempre la scelta vincente

“È impossibile non comunicare”, ormai lo dovremmo sapere più o meno tutti dal 1967 o giù di lì, vale a dire da quando Paul Watzlawick scrisse la celeberrima “Pragmatica della Comunicazione Umana”. Invece pare incredibile ma, delle infinite implicazioni e sfumature del primo assioma della comunicazione, non tutti ancora se ne sono persuasi o risultano compiutamente ed efficacemente “avvertiti”.

Che si comunichi con le parole, ma ancora di più con toni, sguardi, gesti, atti, abbigliamento e profumi, con tutti i propri segni distintivi e comportamenti, pare essere trascurato da troppi che, dunque, frequentano il loro prossimo affliggendolo con cattiva comunicazione.

Da qualche tempo, dato che sono convinta che impegnarsi nel coltivare l’attenzione empatica sia irrinunciabile in un percorso di crescita personale, pongo particolare attenzione alle varie tipologie di comunicazione attuate, con alterna consapevolezza, dalle persone che mi circondano e, contemporaneamente, non posso esimermi dal cercare di perfezionare sempre di più le mie personali modalità comunicative e di esprimere una sempre più misurata assertività.

Quali sono le abitudini particolarmente fastidiose che in questo periodo hanno disturbato i miei rapporti con il prossimo? Eccone alcune.

Ad esempio, lo spettatore impaziente. È il tuo momento, sei concentratissimo nella conversazione che stai sostenendo, hai tutta l’attenzione del tuo interlocutore ma senti scalpitare al tuo fianco: è il terzo spettatore che di aspettare il suo turno di parola proprio non ne ha voglia, pare aver esaurito del tutto la sua scarsa e labile pazienza e dunque che cosa fa? Interviene, perché lui sa già come va a finire e quindi, dato che si annoia, entra a gamba tesa, ti interrompe, spezza completamente la concentrazione e rovina l’incanto. Ricucire il discorso sarà impossibile.

Oppure, quello che finisce le frasi al posto tuo: lui la sa lunga, lui ti conosce, lui sa tutto di te. Lui di te ne sa più di te e ti legge nel pensiero, ti legge come se tu fossi un libro aperto. E quindi, per farti risparmiare energie, per farti sentire compreso, per farti vedere quanto è intelligente e sensibile, non ti lascia finire una frase che sia una.

E che dire di quello che si preoccupa per te? È quello che definirei “Aiutami un po’ meno”; quello che se gli dici che sei a dieta ti dice che stai già una favola, che però devi mangiare e mangia qualcosa!, che sei dimagrita troppo, che un bicchiere di vino ogni tanto non ti fa male e dai, bevi un bicchiere, che sei sciupata, che stavi meglio prima, che non devi esagerare. Tra una frase fatta e l’altra, viene quasi il dubbio che gli darebbe fastidio se tu riuscissi a raggiungere il tuo obiettivo e, probabilmente, in fondo, è così.

Ma c’è anche, naturalmente, l’immancabile deprimente menagramo. È quello che se gli dici che hai perso/lasciato il lavoro ti dice che “avere la partita iva è la cosa peggiore che possa capitare a un essere umano”, che non vedrai più le stesse entrate di prima, che ti annoierai tutto il giorno senza avere più niente da fare (ma chi non ha niente da fare?), che ti dovrai prima o poi accontentare. Insomma, dal momento che solitamente si tratta di parenti stretti e amici intimi, c’è di che sentirsi supportati.

Insomma, tutte queste pessime modalità ci rendono evidente quanto ogni singolo comportamento sia rivelatorio del carattere, dei bisogni e delle insicurezze della persona che lo mette in atto, purtroppo, a nostro discapito.

Regole per comunicare con gentilezza

In ogni caso, io credo che le persone, ogni volta che si accingono a dire qualche cosa o comunque a entrare nella sfera di un altro portando la loro comunicazione, dovrebbero prima farsi un piccolo check up ed osservare una serie di regole elementari, per essere delicati quanto la situazione richiede e per essere davvero apprezzati, e tutti, in fondo, lo vogliamo.

Queste sono le regole che cerco di seguire io, soprattutto da quando ho deciso di esprimere amore e passione per il genere umano cercando di non avere più paura di farmi male, e questo è il mio check up, le cose che mi chiedo e su cui cerco di avere il controllo:

  1. La mia comunicazione è attesa, richiesta e benvenuta? Chiedersi se il contesto possa giovarsi realmente di un mio intervento serve innanzitutto a non farmi considerare qualcuno che ha il disperato bisogno di dire per forza la sua e, quando parlerò, di rendere più interessanti le cose che dirò.
  2. Sto ascoltando veramente il mio interlocutore e sto rispettando i miei turni di parola? Di solito quando si dialoga è bene ascoltare e non presumere, donare all’altro la propria completa ed esclusiva attenzione, essere pazienti quando si dilunga un po’ e lasciarlo parlare, essere interessati veramente e mostrarlo facendo domande ed essere rispettosi dei momenti in cui si può parlare e di quelli in cui si deve ascoltare, senza sovrapporsi.
  3. Sono sintonizzato con la persona che ho di fronte? La comunicazione ha un ritmo, le persone comunicano con tono, colore e velocità. Chiedersi se si stia accelerando troppo, ad esempio, serve a migliorare la comprensione reciproca e a non “disturbare la linea” con modalità troppo diverse.
  4. Quello che voglio dire è utile? Porta un contributo? Perché, in fondo, non siamo sempre costretti a dire la nostra e perché la comunicazione dovrebbe avere uno scopo e, possibilmente, uno scopo positivo.
  5. Sto esprimendo empatia e simpatia? Sto mettendo in contatto la mia umanità con quella dell’altro? Credo che questa sia la domanda più importante da porsi quando si desidera comunicare davvero a un livello profondo con un’altra persona, mettendo in comune le esperienze e creando un clima di collaborazione e di complicità.
  6. Sto valorizzando la persona che ho di fronte? Sono disponibile a dare feedback positivi e costruttivi? Quando penso una cosa bella la dico, perché le cose belle vanno comunicate, i complimenti quando sono sinceri vanno espressi. Il feedback è un dono e se scelgo di comunicare costruttivamente devo dare con generosità i miei feedback perché, non mi stancherò di ripeterlo, è nella relazione e dunque nella comunicazione che noi cresciamo. Quindi impariamo a crescere dando feedback e ringraziando per i feedback che riceviamo.

Credo che curare la propria comunicazione sia una scelta e una decisione di senso profondo, che ci dà la possibilità di vivere una vita più autentica ma soprattutto più appagante, una scelta che ci permette di risparmiare le energie per quello che davvero conta, per misurare i comportamenti ed essere più stimati e carismatici, per usare le parole con piacevole misura e parsimonia. Credo che in un mondo così caotico, rumoroso e aggressivo, le pause, gli adagi e le poesie non possano che farci distinguere, ricordare, apprezzare.

Autore: Sabrina Corsini

Nata a Torino nel 1971, è un caparbio Ariete e si vede subito. Juventina dalla nascita, in orario diurno è Promotore Finanziario, nottetempo e nei weekend frequenta Accademia della Felicità e studia per iniziare il tirocinio da Money Coach. Ama leggere in modo compulsivo ed onnivoro ed i libri sono il suo oggetto totemico: in questo periodo sta godendosi Joe R. Lansdale e Christopher Moore. Le piacciono i film con le astronavi, i draghi ed i supereroi perché in fondo è una creatura semplice: da grande diventerà un cavaliere Jedi.

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